I leader ecclesiali della Repubblica democratica del Congo hanno accusato la comunità internazionale di ipocrisia in merito alla posizione del Rwanda rispetto al perdurante conflitto nell’est tra l’esercito federale (sostenuto da militari ugandesi, kenyani, sudsudanesi e burundesi) e i gruppi di ribelli, tra cui spicca il famigerato M23.
Domenica 4 dicembre migliaia di fedeli cattolici e protestanti hanno manifestato a Kinshasa e in altre città contro la guerra e l’influsso in essa esercitato dal governo di Kigali.
Le manifestazioni hanno fatto seguito a una Conferenza dei vescovi cattolici nella quale, appunto, i presuli invitavano a marciare contro la guerra. «Diciamo no alla guerra, no a un Congo diviso e smembrato», ha affermato il responsabile della parrocchia di Santa Elisabetta, padre Blaise Emmanuel, insieme ad altri sacerdoti e fedeli in processione nel quartiere di Montgafula, tra le aree più povere di Kinshasa.
La violenza ha portato all’esodo di oltre 390mila persone, secondo le stime dell’agenzia Ocha delle Nazioni Unite. Uno striscione in una manifestazione recitava “No alla balcanizzazione, no all’ipocrisia della comunità internazionale. La Rd Congo non è in vendita”.
Sono molti i congolesi che da anni accusano l’Occidente di tacere sul ruolo giocato dal Rwanda per l’insicurezza generale nel Congo orientale. A fine novembre, in realtà, il parlamento europeo aveva ammonito il Rwanda a non sostenere il movimento ribelle M23.
Tuttavia, la scorsa settimana la Commissione europea ha deciso di sostenere il governo di Kigali elargendo 20 milioni di dollari finalizzati, in teoria, a finanziare le truppe rwandesi nella lotta contro le formazioni jihadiste presenti in Mozambico.
Lo scorso agosto, d’altro lato, il segretario di stato americano, Antony Blinken, aveva dichiarato credibili le accuse che esperti delle Nazioni Unite avevano lanciato contro il prolungato sostegno offerto da Kigali al M23. Il governo rwandese, naturalmente, aveva smentito ogni accusa al riguardo.
Il sentimento anti-rwandese ha trovato espressione in molte aree del paese, in proteste alle quali ha preso parte anche il leader del senato, vari ministri e parlamentari, sia del partito al potere che dell’opposizione.
I tentativi di giungere ad una soluzione condotti finora, inclusi i negoziati conclusi da poco a Nairobi tra i rappresentanti della Comunità dell’Africa orientale (Eac), non hanno finora avuto successo.