Nuovi scontri armati ieri in Nord Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo, quando i miliziani del Movimento del 23 maggio (M23) hanno attaccato una postazione dell’esercito. Il giorno prima i presidenti di Rd Congo e Rwanda avevano concordato in Angola un cessate il fuoco e un immediato allentamento delle tensioni armate.
Accordo che ieri il portavoce dell’M23, Willy Ngoma, ha definito «irrilevante». «Siamo congolesi, non rwandesi», ha detto, riferendosi alle accuse di Kinshasa che ritiene che la milizia sia “sostenuta, finanziata e armata” dal Rwanda. «Se c’è un cessate il fuoco, può essere concordato solo tra noi e il governo congolese», ha concluso Ngoma.
Gli scontri, intensificati dallo scorso marzo, hanno costretto alla fuga più di 170mila persone, che restano sfollate, spesso ammassate in stadi, scuole e altri spazi comuni sovraffollati.
Nel suo recente rapporto al Consiglio di sicurezza, il Rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu nella Rd Congo, Bintou Keita, ha affermato che l’M23 si comporta sempre più come un esercito convenzionale piuttosto che come un gruppo armato, con potenza di fuoco ed equipaggiamento sempre più sofisticati.
«La minaccia che ciò rappresenta per la popolazione e per i caschi blu che hanno il mandato di proteggerla è ovvia», ha aggiunto Keita.