Sono trascorsi tre anni da quando, il 22 febbraio 2021, l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo sono stati uccisi in un agguato non lontano da Goma, capoluogo del Nord Kivu provincia del nordest della Repubblica democratica del Congo.
E in quell’area, ricca di minerali strategici come il cobalto, i combattimenti continuano, i civili sono costretti ad abbandonare le loro case e i soccorsi umanitari trovano sempre più difficoltà a trovare una via d’accesso.
L’epicentro degli scontri è ora intorno alla città di Sake, una ventina di km a ovest di Goma, e vede contrapporsi il gruppo ribelle M23, spalleggiato da unità dell’esercito rwandese, e l’esercito congolese.
Il presidente congolese Félix Tshisekedi – rieletto per un secondo mandato lo scorso dicembre, nonostante i brogli e le irregolarità denunciati dalle opposizioni e dalla società civile – promette da anni di poter stabilizzare il nordest, ma non è riuscito ad ottenere nessun risultato.
E così Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu, territori vastissimi, sono di fatto zone di guerra che sfuggono alla sovranità della Rd Congo, a vantaggio dei confinanti Rwanda, Burundi e Uganda.
Kagame gioca pesante
L’implicazione del Rwanda è palese, nonostante i ripetuti dinieghi di Paul Kagame che governa da trent’anni a Kigali. E l’impegno rwandese a fianco di M23 assume sempre maggior consistenza.
Un documento confidenziale delle Nazioni Unite afferma che, nella zona sotto controllo di M23 (70 km a nord di Goma), un missile terra-aria è stato lanciato contro un drone di osservazione dell’Onu, senza colpirlo. E il veicolo blindato che ha lanciato il missile è rwandese.
Il documento rileva che l’utilizzo di queste armi costituisce una minaccia per tutti i mezzi aerei dell’esercito congolese e della missione Onu (Monusco) nella regione.
Immunità
In questo quadro, si apprende che non ci sarà un processo per la morte dell’ambasciatore Luca Attanasio. In quanto la giudice dell’udienza preliminare (Gup) Marisa Mosetti ha disposto il non luogo a procedere per i due funzionari del Programma alimentare mondiale, agenzia dell’Onu, Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza che erano accusati di omicidio colposo. Ha prevalso la consuetudine internazionale a riconoscere l’immunità di funzionari legati all’Onu, posizione già presa dalla Farnesina.
La Procura di Roma ha annunciato che impugnerà la decisione in Corte d’Appello. Secondo Salvatore Attanasio, il padre dell’ambasciatore: «Non sono un giurista ma per i nostri legali c’erano margini. È mancato il coraggio, quel coraggio che non ha avuto lo stato non lo hanno avuto neanche i giudici». Anche i familiari di Iacovacci, hanno espresso «delusione e amarezza» ma attendono «i prossimi passi della Procura». (RZ)