«In considerazione della continua aggressione del Rwanda nel Nord Kivu, la seconda fase di ritiro delle truppe della MONUSCO, in seguito a una comune valutazione, sarà posta in atto quando le condizioni lo consentiranno».
Questo quanto dichiarato dall’ambasciatore della Repubblica democratica del Congo presso le Nazioni Unite, Zenon Mukongo Ngay, in un discorso a inizio settimana presso il Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Ciò significa che la missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite nell’est della Rd Congo sospenderà il suo ritiro, iniziato a febbraio, senza alcuna nuova tempistica fissata per la fase conclusiva delle operazioni, prevista inizialmente entro la fine dell’anno.
Nel settembre del 2023, era stato proprio lo stesso presidente Felix Tshisekedi a sollecitare i vertici MONUSCO ad accelerare il ritiro delle forze di pace, dispiegate nel paese per opporsi alle condizioni di generale insicurezza causate dalle decine di gruppi armati che combattono per il territorio e le risorse minerarie.
Sia il governo di Kinshasa che le Nazioni Unite, da tempo accusano il Rwanda di sostenere il gruppo ribelle M23, accuse che il presidente Paul Kagame ha sempre respinto.
Bintou Keita, capo della missione delle Nazioni Unite, ha affermato dal canto suo che «non esiste una tempistica» per un ritiro dalle province del Nord Kivu e dell’Ituri. «Quello che succederà non si conosce, per ora ci fermiamo, ci prepariamo e, in base alla realtà sul campo, valuteremo il da farsi».
Nel frattempo la ministra degli Esteri congolese, Therese Wamba Wagner, ha affermato che il governo intende evitare che si crei un vuoto di sicurezza: «Per quanto riguarda il Nord Kivu – ha detto tra l’altro ai giornalisti a Kinshasa – prenderemo in considerazione gli sviluppi che vedremo sul campo prima di prendere decisioni responsabili e riavviare processo di ritiro allorché saranno soddisfatte condizioni più favorevoli».
Nell’ambito dell’iniziale piano di ritiro in tre fasi, la MONUSCO ha addestrato 500 reclute per le forze di difesa (FARDC – Forces Armées de la République Démocratique du Congo) al fine di difendere Goma, la capitale del Nord Kivu, e la città di Sake.
Nei giorni scorsi le Nazioni Unite hanno tra l’altro accusato anche l’Uganda di ospitare i ribelli dell’M23, cosa che anche Kampala ha negato.
Il rapporto di un gruppo di esperti, al contrario, afferma che l’Uganda sta fornendo rifugio ai ribelli e passaggio alle truppe delle forze di difesa del Rwanda, che si recano nell’est della Rd Congo per combattere a fianco dei combattenti dell’M23 contro il governo di Kinshasa.
Sempre secondo il rapporto ONU, confermato da fotografie, riprese di veicoli aerei senza pilota, video e testimonianze, gli interventi e le operazioni militari di migliaia di uomini della Rwanda Defence Force (RDF) nei territori di Nyiragongo, Rutshuru e Masisi, nel Nord Kivu, “sono stati fondamentali per l’impressionante espansione territoriale raggiunta tra gennaio e marzo 2024” dall’M23.
Il gruppo ribelle e il governo congolese stanno al momento osservando una tregua umanitaria di due settimane, dal 5 al 19 luglio.
I combattimenti tra gennaio e aprile di quest’anno hanno causato lo sfollamento di altre 900mila persone, portando a oltre 7 milioni il numero degli sfollati interni, soprattutto nelle province orientali del Nord Kivu, del Sud Kivu e dell’Ituri.