Le forze di sicurezza della Repubblica democratica del Congo hanno annunciato ieri di aver sventato un tentato colpo di stato operato da un commando composto da ” congolesi e stranieri”.
L’attacco è iniziato intorno alle 4 del mattino del 19 maggio, quando un gruppo composto da una ventina di uomini armati vestiti con divise militari ha attaccato il Palais de la Nation, sede della presidenza nel cuore della capitale Kinshasa, e la vicina abitazione di Vital Kamerhe, parlamentare stretto alleato del presidente Felix Tshisekedi, candidato alla presidenza del parlamento.
L’attacco è stato respinto dalle forze di sicurezza e si è concluso con tre morti – il leader del commando e due poliziotti – e una cinquantina di arresti, tra i quali tre cittadini americani e un britannico, ha dichiarato il portavoce dell’esercito Sylvain Ekenge.
Che ha anche riferito che il gruppo aveva pianificato di attaccare la casa della nuova prima ministra Judith Tuluka Suminwa e la residenza del ministro della Difesa Jean-Pierre Bemba.
Stando alla ricostruzione fatta dalle forze di sicurezza, sembra che non ci siano legami tra gli assalitori e membri dell’esercito.
I media locali riferiscono che gli aggressori erano membri del Movimento Nuovo Zaire legato a Christian Malanga, un politico congolese residente negli Stati Uniti, leader del commando, che è stato ucciso. Tra i cittadini statunitensi arrestati ci sarebbe, riferisce Ekenge, Marcel Malanga, figlio di Christian Malanga.
A confermare l’identità del capo del gruppo golpista un video diffuso in live streaming sul suo profilo Facebook durante l’assalto, nel quale Malanga, circondato da diverse persone in uniforme militare, si rivolge al presidente Felix Tshisekedi: “Felix, sei fuori. Stiamo venendo a prendervi”. “Noi militanti siamo stanchi. Tshisekedi e Kamerhe hanno fatto troppe cose stupide in questo paese”, la traduzione dell’agenzia Reuters.
Malanga era arrivato negli Stati Uniti, a Salt Lake City, nel 1998, all’età di 15 anni, come rifugiato con la sua famiglia, ed era tornato nel suo paese natale nel 2006 dove ha prestato servizio militare. Cinque anni dopo, nel 2011, si era candidato al parlamento ma fu arrestato due giorni prima delle elezioni.
Tornato negli Stati Uniti nel 2012 aveva tentato di costituire un suo movimento politico, il Partito Congolese Unito, e nel 2017 fu accusato dall’intelligence congolese di aver complottato per assassinate l’allora presidente Joseph Kabila.
L’azione del commando è arrivata in un momento particolarmente difficile per il presidente, rieletto per un secondo mandato a dicembre, alle prese con l’avanzata della milizia filo-rwandese M23 nell’est e con una crisi che attanaglia il suo partito, spaccato sulla nomina di Kamerhe alla guida del parlamento. Un voto che avrebbe dovuto svolgersi il giorno prima dell’assalto, ma che era stato rinviato.
In stallo anche la formazione del nuovo esecutivo, sei settimane dopo la nomina di Judith Suminwa, prima donna capo del governo nella storia del paese.