Un rapporto elaborato da esperti su richiesta delle Nazioni Unite e trasmesso al Consiglio di sicurezza afferma che l’esercito rwandese è intervenuto nel nordest della Repubblica democratica del Congo e ha svolto azioni militari contro alcuni gruppi armati e contro postazioni dell’esercito congolese.
Lo ha fatto dal novembre 2021 al giugno 2022 sia direttamente sia fornendo rinforzi al gruppo armato M23, che negli ultimi mesi ha ripreso le armi e si è impadronito del territorio di Rutshuru, una decina di chilometri a nord di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu.
Il governo di Kigali ha risposto come sempre ha fatto negli ultimi anni di fronte a rapporti dell’Onu o di organizzazioni non governative che denunciavano le sue interferenze nelle vicende congolesi. Ha negato tutto. Anzi ha fatto di più: ha detto alla comunità internazionale che da quelle parti il Rwanda si muove come ritiene opportuno e non accetta osservazioni di nessun genere. È questa infatti la traduzione della dichiarazione di Yolande Makolo, portavoce del governo di Kigali: «Il Rwanda ha il diritto legittimo e sovrano di difendere il suo territorio e i suoi cittadini, e non solo di aspettare che accada una catastrofe».
La catastrofe sarebbe l’implosione delle tre province del nordest – Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu – che secondo Kigali farebbe dilagare i gruppi armati e metterebbe in pericolo il Rwanda. Ma il governo del presidente Paul Kagame si guarda bene dal dire che le tre provincie congolesi sono sull’orlo dell’implosione da più di vent’anni e di questa situazione si avvantaggia il Rwanda che compie sistematiche razzie di minerali strategici. Kigali quindi ha tutto l’interesse a mantenere instabile un’area ricca dalla quale può attingere senza ritegno.
Il gruppo di esperti è in possesso di prove dettagliate a sostegno dell’implicazione diretta del Rwanda con azioni condotte direttamente o a fianco delle forze del gruppo M23. Gruppo quest’ultimo a dominanza tutsi (l’etnia che governa il Rwanda dal genocidio del 1994), che si lamenta con il governo congolese della mancata applicazione dell’accordo di pace siglato anni fa con Kinshasa.
Ora si tratta di capire se la comunità internazionale vuole prendere sul serio le informazioni di quest’ultimo rapporto – che aiuta a comprendere dove ha le radici l’instabilità del nordest – oppure preferisce continuare a magnificare il “miracolo rwandese” e le mirabolanti virtù di Paul Kagame. Kagame governa dal 1994 (utilizzando i dividendi del genocidio che costò la vita a 500mila tutsi e hutu moderati), organizza elezioni di facciata, non dà nessuna agibilità politica all’opposizione, controlla ogni anfratto della società, ha già tentato di conquistare manu militari (guerra 1998-2003, insieme al suo amico-nemico Yoweri Museveni) territori congolesi, non ha mai smesso di essere prima di tutto il capo militare del partito-milizia che si chiama Fronte patriottico rwandese. (RZ)