I vescovi cattolici della Repubblica democratica del Congo sono stati finora notoriamente in prima linea nell’impegno a promuovere la pace nel Congo orientale.
Basti dire che la Conferenza episcopale tra il 2022 e il luglio 2024 ha effettuato quasi dieci missioni all’estero per far conoscere meglio ai partner internazionali la perdurante crisi congolese, incoraggiandoli a impegnarsi maggiormente nel contribuire a trovare una soluzione.
Qualche giorno fa, in un ulteriore intervento, hanno chiesto ufficialmente ai governi del Rwanda e della Rd Congo di rispettare il cessate il fuoco recentemente negoziato con la mediazione dell’Angola.
La tregua, che avrebbe dovuto entrare in vigore il 4 agosto, non è però mai stata osservata, e i combattimenti continuano a infuriare tra l’esercito congolese e l’M23, il movimento armato sostenuto dal Rwanda.
Da allora l’M23 è avanzato e ha occupato varie località della regione orientale del Nord Kivu, in particolare le città di Nyamilima e Ishasha, lungo il confine con l’Uganda, conquistate il 7 agosto.
D’altro canto, i ribelli avevano apertamente dichiarato che non avrebbero rispettato l’accordo di cessate il fuoco, affermando che non si sentivano “automaticamente vincolati dai negoziati di Luanda”.
I vescovi cattolici hanno pertanto invitato di nuovo tutti a rispettare l’accordo per una tregua.
Nel comunicato firmato la scorsa settimana dal segretario generale della Conferenza episcopale, mons. Donatien Nshole, si legge: “Tutte le parti dovrebbero prendere in considerazione l’urgente necessità di consentire a migliaia di donne, bambini e uomini, sfollati a causa della perdurante insicurezza, di vivere in dignità e pace nei loro paesi di origine, come persone create a immagine e somiglianza di Dio”.
I vescovi hanno espresso anche frustrazione per il fatto che “i partner internazionali non hanno considerato la guerra nell’est della Rd Congo una priorità così alta come la guerra in Ucraina o la situazione in Medio Oriente”.
La guerra nell’est della Rd Congo, dove sono attivi più di 120 gruppi ribelli, ha implicazioni che vanno oltre la regione, coinvolgendo non solo il Rwanda ma anche altri paesi vicini, a cominciare dall’Uganda.
La violenza ha innescato una grave crisi umanitaria con oltre 7,2 milioni di sfollati, rendendola la terza più grande crisi di sfollati al mondo.