Un risultato memorabile, tanto agognato quanto, forse, inizialmente inatteso. Nel pomeriggio di ieri, 24 settembre, la proposta di referendum sulla cittadinanza, diffusa nelle ultime settimane, ha raggiunto la soglia necessaria di quorum di 500mila firme.
Un’esplosione di sottoscrizioni arrivate soprattutto nelle ultime 48 ore, dopo che diversi volti noti, tra cui star del mondo della musica, icone culturali e influencer si sono sollevati in suo sostegno sui social media. Da Ghali a Zerocalcare, l’invito a sostenere il referendum ha colto nel segno al punto da aver portato a raggiungere, da poche decine di migliaia che erano, oltre mezzo milione di adesioni. Un evento senza precedenti che apre un faro di speranza di fronte a una possibilità di cambiamento concreto.
La proposta
La proposta è di ridurre da 10 a 5 gli anni necessari di residenza legale continuativa nel territorio italiano prima di poter chiedere la cittadinanza. Si tratterebbe di intervenire sulla legge del 5 febbraio 1992, legislazione da allora rimasta invariata, nonostante siano passati più di trent’anni e nel frattempo la realtà migratoria italiana si sia completamente trasformata.
Nello specifico, il referendum propone abrogare l’art. 9, comma 1 che alla lettera f) pone i 10 anni di residenza continuativa come prerequisito necessario. Il limite di 5 anni era già previsto dalla normativa precedente a quella del ‘92 ed è diffuso in diversi paesi europei, tra cui la Svezia e la Germania.
Resterebbero invariati, invece, gli altri requisiti già stabiliti dalla normativa vigente e dalla giurisprudenza, quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso di adeguate fonti economiche, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Tutte clausole, soprattutto quella legata alle fonti economiche, che già di per sé rappresentano una barriera notevole all’ottenimento della cittadinanza.
L’iniziativa è partita il 6 settembre 2024 e termina il 30 settembre. Tra promotori, numerose associazioni attive da anni nell’ambito dei diritti, tra le quali Italiani senza Cittadinanza, CoNNGI, A Buon Diritto, Cittadinanza Attiva, Open Arms, Oxfam Italia e ActionAid. Non mancano i partiti politici: a dare il sostegno, finora, Più Europa, Possibile, Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano, Rifondazione Comunista.
Come si procede ora
I prossimi passaggi ora, prevedono innanzitutto la verifica delle firme, che dovrebbe arrivare entro dicembre 2024. Un procedimento che rende prezioso continuare a votare nel caso in cui qualche firma venga annullata (anche per ragioni banali o problemi tecnici e non necessariamente per frode). La palla, a quel punto, passerà alla Corte Costituzionale, che ne valuterà l’ammissibilità. E in caso di esito positivo, i cittadini italiani saranno chiamati a votare tra il 15 aprile e il 15 giugno. La votazione sarà valida solo se parteciperà più del 50% degli aventi diritto e dovrà avere maggioranza assoluta.
Qualora il provvedimento passasse e diventasse parte della legge a tutti gli effetti, è interessante notare come riguarderebbe più persone del tanto temuto ius soli o del già più digerito ius scholae. Si parla di quasi 2,5 milioni di persone nel caso del referendum, contro nemmeno un milione (circa 816mila) nel caso dello ius soli, per esempio.
Ddl sicurezza: altri orizzonti
Ma mentre i cittadini italiani si mobilitano per andare incontro a una legislazione che rispecchi almeno vagamente la realtà dell’Italia di oggi, il governo sembra pensarla molto diversamente. Non bastano le dichiarazioni di Forza Italia, partito interno alla maggioranza, i cui esponenti hanno detto di star lavorando a una proposta di legge per introdurre lo ius scholae.
Perché a fare da contrappeso c’è il nuovo Ddl sicurezza, che certo non semplifica in alcun modo l’ottenimento della cittadinanza, ne facilita anzi la revoca. L’articolo 9 infatti propone di estendere dai 3 anni attuali a 10 il tempo a disposizione per procedere alla revoca della cittadinanza per chi avesse commesso reati connessi a terrorismo, eversione e altri reati gravi. Una procedura che naturalmente non coinvolge chi ha la cittadinanza per iure sanguinis, ma solo chi l’ha ottenuta per altre vie.
Basta anche alla Legge Bossi-Fini
In questi stessi giorni, sta facendo il giro del web anche un’altra iniziativa popolare, promossa da Associazione Migrare. In questo caso, a essere interessata è la legge Bossi-Fini, emanata nel 2002 e anch’essa colonna portante della giurisprudenza italiana in materia di immigrazione. Un testo che ha decisamente contribuito a formulare il binomio straniero uguale criminale tanto in voga in Italia, e che prevede tutta una serie di norme ad oggi inadeguate.
Il nodo della questione riguarda soprattutto il Decreto flussi, ovvero l’unico modo per entrare legalmente in Italia per lavorare e il cui funzionamento è ancora legato a un sistema di click day per ora rivelatosi nella maggior parte dei casi fallimentare. Un limite, quest’ultimo, di cui parte essersi accorta anche la premier Giorgia Meloni, tanto che ha dichiarato di essere aperta a rivederne la struttura, senza però stravolgerla e nel rispetto della norma vigente. Un cambiamento comunque non sufficiente per chi, come Associazione Migrare, chiede l’eliminazione della Bossi-Fini.
La petizione, lanciata il 26 giugno giorno, ha raccolto poco meno di 25mila firme. Disponibile sulla piattaforma change.org, è stata supportata, oltre che da Filippo Ivardi Ganapini, un tempo direttore di Nigrizia, e dal vescovo Mons. Giorgio Bertinda, così come da diversi nomi importanti del panorama politico, come quello che della ex presidente della Camera Laura Boldrini. Con lei, tra gli altri, anche Pietro Grasso, Nicola Fratoianni, Rosy Bindi e Pier Luigi Bersani.