Repubblica Centrafricana: la società civile contro la "mafia" del carburante - Nigrizia
Economia Politica e Società Rep. Centrafricana
Un report punta il dito contro il governo e soprattutto contro il monopolio della società camerunense Neptune
Repubblica Centrafricana: la società civile contro la “mafia” del carburante
03 Ottobre 2024
Articolo di Redazione
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Foto da Flickr

Gli abitanti della Repubblica centrafricana devono ciclicamente affrontare carenze di carburante. Quando riescono a trovare la benzina poi, lo pagano più di qualsiasi altro paese dell’Africa, fino a 1,80 dollari per un litro. Un’enormità, in un paese in cui lo stipendio medio non supera i 100 euro, ovvero i 65mila franchi centrafricani. 

Adesso un’organizzazione locale, il Gruppo di lavoro della società civile (GTSC), ha provato a fare chiarezza sulle ragioni all’origine di queste situazione del settore, insostenibile per i consumatori centrafricani. I principali imputati sono l’amministrazione locale, accusata di gestire il comparto con modalità «mafiose». Ma soprattutto l’accordo con cui il governo di Bangui ha affidato in esclusiva la gestione delle importazioni dei prodotti petroliferi alla società camerunese Neptune. 

Monopolio garantito
L’intesa, i cui dettagli non sono noti al pubblico, è stata siglata lo scorso dicembre e ha una validità di dieci anni. Secondo il GTSC, il sostanziale monopolio concesso all’impresa camerunense viola apertamente la legge centrafricana, che garantisce la liberalizzazione di tutto il mercato dei prodotti petroliferi a eccezione delle attività di stoccaggio, che sono di competenza esclusiva dello stato. Quest’ultima implementa la funzione tramite la SOCASP, società di cui possiede il 51% delle quote. 

Oltre a questo, Neptune non soddisfa altri criteri indispensabili per poter operare nel paese, come la presenza di una filiale in loco. La società di base in Camerun viene apertamente accusata inoltre di causare perdite allo stato centrafricano fino al miliardo di franchi locali al mese (circa 1,5 milioni di euro) in mancate entrate fiscali. Se non bastasse, Neptune, secondo il GTSC, mentirebbe sulle tasse e le tariffe di importazione, frodando Bangui. A verificarlo sarebbe stato lo stesso governo centrafricano, intervenuto sul prezzo sospettosamente alto del carburante dopo una segnalazione del Fondo monetario internazionale (FMI).

Neptune beneficerebbe inoltre dei favori del ministero delle Finanze e in modo particolare del suo titolare, Arthur Bertrand Piri, nipote del presidente Faustin-Archange Touadéra. Biri, afferma la rete della società civile, nata nel 2012, starebbe anche tentando di far acquisire alla compagna camerunense delle quote di SOCASP.

Contrabbando libero
I mali del comparto petrolifero non verrebbero solamente solo dall’accordo fra Bangui e Neptune, però. Lo stato centrafricano, per via del suo Comitato per il controllo e la lotta alle importazioni prodotti petroliferi fraudolenti, avrebbe infatti favorito il contrabbando del carburante, altra vera piaga che affligge il paese, con una controversa misura che è finita per fare da sanatoria di tutti i prodotti già portati nel paese illegalmente. Non da ultimo, il governo di Bangui si starebbe accanendo contro a società Tam Oil, che nel 2023 ha rilevato le attività di TotalEnergies nel paese, entrando da subito in conflitto con le autorità locali e con Neptune. 

Il GTSC, realtà che è nata nel contesto della guerra civile che per anni ha imperversato in Repubblica Centrafricana e le cui conseguenze sono ancora motivo di forte instabilità in tutto il paese, chiude il suo report chiedendo al governo di sciogliere il suo accordo con la società camerunese e di rendere pubblici i dettagli dell’accordo fra le due parti. Oltre a questo, si chiede a Bangui di intervenire con decisione contro il contrabbando e di risolvere la crisi in corso con Tam Oil; si esorta inoltre la società civile a creare un consorzio di associazioni per meglio affrontare il problema del contrabbando. Il report del GTSC è stato redatto dopo sei settimane di ricerche documentali e di interviste ad attori del settore.

La Repubblica centrafricana importa tutto il suo fabbisogno di prodotti petroliferi, per lo più per via fluviale dalla Repubblica democratica del Congo e poi su gomma, dal Camerun. Stando a dati della Banca mondiale, circa il 70% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà di 2,15 dollari al giorno. 

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