Condannato. Per aver consegnato alla motovedetta libica i 101 migranti che aveva a bordo. Il processo contro il comandante Giuseppe Sotgiu dell’Asso Ventotto, rimorchiatore dell’Augusta offshore spa, nave in servizio presso una delle più grandi piattaforme petrolifere del Mediterraneo, gestita da Mellitah oil&gas di Eni e Noc, aveva già fatto notizia quando si era aperto.
Era la prima volta che, sui banchi degli imputati per un respingimento in mare, si trovava un privato. Ed è la prima volta che, in Europa, arriva una condanna che afferma quel che le organizzazioni internazionali hanno messo nero su bianco da tempo: la Libia non è porto sicuro.
L’episodio, accaduto il 30 luglio del 2018, vedeva il comandante dell’Asso Ventotto “restituire” alle autorità libiche 101 migranti che erano arrivati in prossimità della piattaforma a causa di condizioni meteo avverse e che egli prese a bordo del suo rimorchiatore.
Restituire uomini, donne e bambini in fuga a un organo come la guardia costiera libica che il suo paese comunque finanzia, fornendo le motovedette con cui avvengono ogni giorno per mare centinaia di respingimenti (gli ultimi numeri dell’Oim Libia, aggiornati al 9 ottobre, parlano di 26.314 migranti riportanti nel paese africano da inizio anno, con centinaia di morti).
Il tribunale di Napoli per questo gesto ha condannato Sotgiu a un anno di reclusione, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dell’Asgi (Associazione studi giuridici per l’immigrazione), costituitasi parte civile durante il processo. Un precedente importante per un’altra causa, raccontata da Nigrizia lo scorso aprile, che vede a giudizio un altro rimorchiatore dell’Augusta offshore spa, l’Asso Ventinove, che nel luglio del 2018 contribuì a riportare indietro a Tripoli, 276 persone in fuga. La sentenza dell’Asso Ventotto crea un precedente giudiziario importante, il concorso a un respingimento è un reato penale.