Richiedenti asilo arruolati da Israele in cambio dei documenti
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Lo rivela il quotidiano israeliano Haaretz. L'iniziativa potrebbe riguardare fino a 30mila persone, soprattutto africane
Richiedenti asilo arruolati da Israele in cambio dei documenti
17 Settembre 2024
Articolo di Redazione
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(Credit: Pawel Janiak/Unsplash)

Lo status di residenza permanente in cambio della partecipazione alle operazioni militari a Gaza. È quanto promesso dalle autorità di Israele ai richiedenti asilo, soprattutto africani, che si trovano nel paese e che desiderano rimanerci.

Le persone potenzialmente interessate sono decine di migliaia. Secondo i dati riportati dalla ong Hostline for Refugees and Migrants, nel 2020 erano 30mila i richiedenti asilo nel paese, buona parte eritrei e sudanesi.

Mediamente, solo l’1% delle domande viene accolta. Per il restante 99%, le opzioni sul tavolo sono il rimpatrio, il carcere o la deportazione in Rwanda. Ecco come la proposta di arruolarsi nell’esercito israeliano può suonare molto appetibile. 

La notizia, dal quotidiano israeliano Haaretz, ha suscitato indignazione da più parti e una pronta risposta da parte di Hamas, che ha accusato Israele di ‘decadimento morale’ e di sfruttare la necessità delle persone a migrare per combattere il popolo palestinese. 

Per chi accetta, sono previste due settimane di addestramento e poi via, sul campo, in azioni fortemente rischiose per l’incolumità della persona. Senza una vera e propria garanzia di vedere poi riconosciuto il diritto che è stato loro promesso.

Le fonti di Haaretz hanno rivelato il 15 settembre che il governo israeliano avrebbe già sfruttato diversi richiedenti asilo come mercenari nella Striscia di Gaza. Il tutto dopo un’attenta supervisione di tipo legale ma nessun dibattito sulla natura etica della questione.

Tutte le critiche interne, d’altronde, pare siano state messe a tacere. 

Quello militare, per quanto atipico, non sarebbe il solo aiuto a pervenire ad Israele dal continente africano. Nonostante l’accusa di genocidio mossagli contro dal Sudafrica, legame che tuttora intrattiene e diversi paesi rimane forte, e si articola su vari livelli di collaborazione.

Ad esempio con il Malawi, con il quale porta avanti da anni un accordo per l’invio di lavoratori nel settore agricolo, un flusso che è continuato e anzi si è intensificato anche dal nuovo scoppio della guerra a Gaza.

Anche i giganti petroliferi del continente non sembrano disdegnare le relazioni con Tel Aviv, tant’è che il 37% dei rifornimenti di petrolio a Israele derivano attualmente da Nigeria, Gabon e Repubblica democratica del Congo.

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