Negli ultimi anni il volto demografico del Ghana ha assunto un nuovo aspetto. Moltissimi afroamericani si sono stabiliti nel paese dando vita a un grande esodo verso “la terra degli avi”. Tutto è cominciato con l’Year of Return lanciato nel 2019 dal presidente Nana Akufo-Addo. Un programma di attività per commemorare il 400° anniversario dell’arrivo dei primi africani ridotti in schiavitù nello stato della Virginia.
Attività che includevano visite a siti del patrimonio storico-culturale, cerimonie di guarigione, spettacoli, conferenze, forum di investimento e incontri mirati ad accompagnare individui e famiglie che stavano maturando l’idea di trasferirsi in Ghana. L’obiettivo era quello di promuovere il paese come destinazione turistica e opportunità di investimento, ma anche quello di incoraggiare il reinsediamento nella madrepatria per gli africani della diaspora.
Un’idea panafricana
L’idea in realtà non è nuova e risale a Kwame Nkrumah, il primo presidente del Ghana indipendente che nella sua visione panafricanista aveva previsto questo ritorno dei figli della schiavitù. Non è un caso che quando ancora si chiamava Gold Coast ed era sotto il dominio coloniale britannico, il paese abbia attirato intellettuali e accademici che dall’altra parte dell’oceano teorizzavano (e lottavano) a loro volta per l’unità africana, i diritti civili, l’indipendenza.
Tra questi W.E.B. Du Bois, naturalizzato ghaneano, che oggi riposa al Memorial Centre for Pan-African Culture o la scrittrice Maya Angelou, vicina all’apparato politico del tempo e che scrisse un libro sull’esperienza degli anni in Ghana e sul fervente entusiasmo che caratterizzava il circolo di espatriati afroamericani nel paese.
In migliaia si sono trasferiti
Un paese che aveva saputo liberarsi dal giogo coloniale prima di tutti gli altri, nel 1957, dando l’avvio alla stagione delle indipendenze nell’Africa subsahariana. Anni fa il sogno è tornato e per molti è diventato realtà. Secondo l’Ufficio per gli affari della diaspora del Ghana, almeno 1.500 afroamericani con passaporto statunitense si sono trasferiti nel paese dal 2019 al 2023.
Eppure questo dato è sottostimato in quanto fonti dell’Africa-American Association of Ghana parlano di almeno 3mila afroamericani presenti nel paese. Ma quello che conta è che questo trend in salita non pare fermarsi. Si sono sviluppati commerci, attività, soprattutto nel settore turistico, sono nati network di assistenza per valutare, dare consigli e aiutare in quello che viene vissuto come un vero e proprio reimpatrio.
Naturalmente il governo in questi anni ha agevolato questi “ritorni” e anche l’acquisizione della cittadinanza. Solo nel 2019, sulla scorta appunto del lancio del programma, in una toccante cerimonia ufficiale, 126 afroamericani e afrocaraibici sono diventati cittadini del Ghana. Oltretutto il right of abode inserito nella legislazione del paese nel 2001 riconosce il diritto alla cittadinanza alle persone afrodiscendenti della diaspora.
In Ghana si trova il 75% di quelle infauste celle (dungeon) dove venivano trattenuti gli schiavi, anche per settimane e in condizioni disumane, prima di essere trasferiti sulle navi verso le Americhe. E qui si trovano 32 di quei castelli e forti che li contenevano. Elmina e Cape Coast sono i più noti ed è proprio in quest’area, oltre che nella capitale Accra, che si è stabilita buona parte dei nuovi arrivati.
Sono fioriti resort e tour che organizzano visite ai forti e alla door of no return, “bagni del ritorno” – che dovrebbero avere una matrice spirituale – in acque di fiumi e ruscelli e varie iniziative che mirano a far sentire a casa chi ha lasciato gli Usa per una vita migliore. Migliore perché molti motivano la loro decisione come desiderio di lasciare un paese che continua a discriminarli e dove la violenza razziale è ancora troppo diffusa.
Nuove disuguaglianze
Ma se gli afroamericani, anche con una certa dose di romanticismo, vedono nel Ghana una sorta di terra promessa, la loro presenza non manca di creare dissapori all’interno delle comunità locali. Il valore della moneta locale, il Ghana cedi, negli ultimi anni ha continuato a svalutarsi in favore del dollaro, i prezzi hanno continuato a salire e la capacità di spesa dei ghaneani è notevolmente diminuita.
Non sono pochi quelli che imputano questa situazione economica alla speculazione derivata da relazioni commerciali, ma anche umane, che stanno cambiando. Non dimentichiamo che questo è un paese dove ancora il 30% della popolazione vive con meno di tre dollari al giorno. E se il presidente ha esortato i cittadini a non ritenere gli afroamericani come stranieri, le persone del posto, seppure vedano in loro delle opportunità, non possono fare a meno di considerali alla stregua degli “altri occidentali”.
Altra questione è quella della terra. I nuovi arrivati vengono di solito con progetti e soldi, disposti a pagare senza grandi difficoltà i chief locali per acquistare spazi e terra. Cosa che è spesso stata denunciata perché priva le comunità dei terreni agricoli che fino ad allora avevano coltivato. Il governo ha negoziato con i capi locali per destinare centinaia di acri di terreno ai nuovi arrivati e per i membri della diaspora africana non sono previste spese di sondaggi del terreno e di registrazione.
Insomma, privilegi che non solo tagliano fuori le comunità locali e creano malumori ma inaspriscono quel modello di società classista che certi governi hanno finito per incrementare. La differenza del volto del Ghana si sta avvertendo anche nel settore turistico. Se negli anni passati erano gli europei (soprattutto inglesi, tedeschi e olandesi) a “fare numero” nella percentuale dei visitatori, negli anni compresi tra il 2019 e il 2023 questo primato spetta agli americani, anzi agli afroamericani. A segnalarlo è la Ghana Tourism Authority.