Rwanda. L'appello alla Formula Uno: «Nessun Gran Premio senza diritti» - Nigrizia
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L'oppositrice Ingabire sulla possibilità che la manifestazione sbarchi nel paese: «Esigere chiarezza da Kagame»
Rwanda. L’appello alla Formula Uno: «Nessun Gran Premio senza diritti»
Per il presidente Stefano Domenicali, Kigali potrebbe avere le carte in regola per far tornare in Africa la competizione
29 Agosto 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 6 minuti
Da Rawpixel

Dopo l’NBA statunitense e il grande calcio europeo, la Formula Uno potrebbe essere la prossima grande realtà del mondo dello sport a scegliere il Rwanda come suo partner privilegiato in Africa. Si moltiplicano infatti le voci relative alla possibilità che il paese “delle mille colline” possa in un prossimo futuro ospitare il ritorno nel continente della più seguita competizione automobilistica del mondo, assente dall’Africa dal 1993, anno dell’ultimo Gran Premio del Sudafrica.

Quella che potrebbe essere un’ottima notizia per il governo e per molti cittadini potrebbe esserlo molto meno per gli attivisti e le opposizioni: le luci dello “sportwashing” potrebbero infatti finire per oscurare il mancato rispetto dei diritti umani che segna la gestione del potere del presidente Paul Kagame, alla guida dello stato dal 2000 e de facto dal 1994, rieletto il mese scorso per la quarta volta con il 99% dei consensi.

Di questo rischio ha parlato a Nigrizia anche Victoire Ingabire, figura chiave delle opposizioni estromessa dall’ultima corsa elettorale sulla base di una vecchia condanna per terrorismo e negazionismo del genocidio del 1994 che, a detta sua e di diverse organizzazioni locali e internazionali, arrivò al termine di un processo tutto politico. Lo stesso destino di Ingabire è toccato del resto a tutte le altre personalità dell’opposizioni ritenute minimante credibili. Kagame ha corso contro due sparring partner che hanno ottenuto complessivamente poco meno dell’1% dei voti.

«Assicurarsi il rispetto dei diritti»
«Non mi oppongo a un’eventuale investimento della Formula Uno in Rwanda, al contrario, ne sarei felice», premette Ingabire rispetto alla possibilità di un futuro Gran premio rwandese. «Se la cooperazione con Kigali deve portare benefici a tutta gli abitanti del nostro paese però – prosegue la politica – i diritti dei cittadini devono essere tutelati. Per questo, chiedo espressamente alla Formula Uno di insistere affinché il Rwanda migliori la sua politica di rispetto dei diritti umani prima di prendere qualsiasi decisione».  E ancora: «Qualsiasi forma di cooperazione fra la Formula Uno e Kigali dovrebbe essere strettamente vincolata a una condizione, che il governo smetta di limitare i diritti politici e le libertà civili della popolazione».

Ingabire ha passato 16 anni della sua vita in esilio e poi otto anni in carcere, fra il 2010 e il 2018, ed è stata poi graziata da Kagame. Da allora denuncia una sostanziale limitazione dei suoi diritti come cittadina. Oltre a lamentare di non aver mai potuto usufruire di una difesa legale decente, Ingabire, anche con il sostegno di diverse organizzazioni internazionali, afferma di non poter lasciare il paese neanche per visitare la sua famiglia e il marito in precarie condizioni di salute, che vivono all’estero.

Il suo appello arriva mentre in Rwanda si discute molto della possibilità di ospitare un Gran premio. Ma quanto c’è di concreto? Stando a un’intervista rilasciata al portale di settore Autosport da Stefano Domenicali, presidente e amministratore delegato di Formula One Group, dirigenti della società che gestisce la competizione e di Kigali si incontreranno il mese prossimo. Il Rwanda, secondo Domenicali, «sta facendo le cose seriamente» e «ha presentato un buon piano» per un’eventuale corsa nel paese. A dicembre, il Rwanda ospiterà inoltre l’assemblea generale e le premiazioni annuali della Federazione internazionale dell’automobile (FIA), l’ente internazionale che disciplina le regole della Formula uno tramite il suo Consiglio automobilistico mondiale.

Lewis Hamilton sale a bordo
Di recente la candidatura rwandese ha poi ottenuto un sostengo di lusso. Il campione  britannico Lewis Hamilton, in forza alla scuderia Mercedes, è infatti un deciso promotore dell’ampliamento in Africa delle attività della Formula Uno, come riaffermato anche di recente, e vede il Rwanda molto di buon occhio. Rientrato da un giro in più paesi dell’Africa, il pilota ha dichiarato: «Fra quelli che ho visitato, è uno dei miei luoghi preferiti. Ho lavorato molto dietro le quinte e ho parlato con persone in Rwanda, così come in Sudafrica. È un processo lungo – ha aggiunto in merito a un’eventuale ampliamento -, ma è splendido che siano così desiderosi di un posto nella competizione».

Se dovesse andare in porto, il Gran premio rwandese darebbe ancora più lustro a un paese che già gioca un ruolo centrale nella principale lega di pallacanestro dell’Africa, la BAL organizzata congiuntamente dalla NBA e dalla Federazione Internazionale Pallacanestro (FIBA). Kigali finanzia in parte l’iniziativa, ha ospitato per intero la prima edizione del 2021 e la finale di tutte le quattro edizioni disputate finora. Il dipartimento governativo per lo sviluppo, il Rwanda Development Board (RBD), ha poi siglato una serie di accordi di partnership con alcuni fra i più grandi club di calcio del mondo, il Paris Saint-Germain, il Bayern Monaco e poi l’Arsenal tifato da Kagame. Sulle magliette di queste squadre campeggia anche il logo della campagna turistica dell’RBD, Visit Rwanda.

L’impegno di Kigali nello sport è stato spesso oggetto di critiche però. Il governo è stato accusato di sportwashing, di usare gli investimenti nello sport per distogliere l’attenzione dalle violazioni dei diritti umani o da una politica estera che passa anche per il finanziamento di milizie in altri paesi, come il caso dell’M23 che da due anni porta avanti una sanguinosa offensiva nella vicina  Repubblica democratica del Congo, con cui i rapporti diplomatici sono ai ferri corti.

La lettera alla NBA
Ultima in ordine di tempo, la presa di posizione di due senatori statunitensi, Marsha Blackburn, dei repubblicani, e Jeff Merkley, democratico. I due parlamentari USA hanno inviato una lettera al massimo dirigente della NBA, Adam Silver, esprimendo «profonda preoccupazione per l’intensificarsi dei rapporti» fra la lega di pallacanestro e Kigali, «guidata dal presidente Paul Kagame. Sembra che l’NBA, che da tempo si pone come faro di giustizia sociale – si legge ancora -, stia scegliendo di continuare a sviluppare relazioni con dittatori e despoti, in nome dell’anteposizione del profitto ai principi».

Parole molto dure sostenute da una serie di accuse relative alle già citata politica di repressione messa in atto dal governo del presidente rwandese. La missiva contiene sei richieste a Silver. Fra queste, «delineare l’ambito delle relazioni della NBA con il governo rwandese” e rendere note “quali misure sta adottando la NBA per migliorare la vita del popolo rwandese, compresi coloro che sono soggetti a violazioni dei diritti umani da parte del governo di Kagame?».

 

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