Ha fatto un rimpasto di governo e ha rivoluzionato i ruoli-chiave dell’esercito. Senza degnarsi di fornire una qualsiasi spiegazione all’opinione pubblica. Ma anche questo è un modo per ribadire che in Rwanda c’è un solo capo supremo che fa il bello e il cattivo tempo dal 1994: Paul Kagame, presidente e comandante in capo delle forze armate.
Martedì scorso, il ministro della difesa Alfred Murasira, in carica dal 2018, è stato rimpiazzato da Juvenal Marizamunda. E nella stessa giornata è stato nominato un nuovo capo di stato maggiore delle forze armate, il generale Mubarakh Muganga, e un nuovo capo di stato maggiore delle forze terrestri, il generale Vincent Nyakarundi.
Mercoledì mattina è stato annunciato il licenziamento con effetto immediato del generale di divisione Aloys Muganga, del generale di brigata Francis Mutiganda e di altri 14 alti ufficiali. Il portavoce dell’esercito ha comunicato che sono stati licenziati altri 116 graduati, mentre altri 112 si sono visti rescindere i contratti di servizio.
Sempre il portavoce ha specificato alla stampa rwandese che i due generali sono stati licenziati per «indisciplina», senza fornire ulteriori dettagli.
Si registrano altri cambiamenti ai vertici dei servizi segreti militari e della sicurezza interna. E sono stati cambiati anche i responsabili delle truppe rwandesi dispiegate in Mozambico per contrastare le milizie jihadiste.
Un ribaltamento di questa portata si spiega solo se si va ad analizzare il criterio di fedeltà che guida l’agire politico di Kagame. I suoi sottoposti devono esibire una fedeltà cieca che non comporta domande o ripensamenti di sorta.