Si è concluso il 18 agosto a Luanda il 43º Summit dei capi di stato e di governo della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale SADC.
Come previsto, la riunione ha affrontato tre temi centrali, oltre al cambio su base rotativa del proprio presidente – con l’entrata di João Lourenço, capo di stato dell’Angola, al posto di quello della Repubblica democratica del Congo, Félix Tshisekedi -: pace, sicurezza e processo di industrializzazione, al fine di uscire dalla perenne dipendenza da un’economia di mera esportazione delle ricche materie prime presenti nella regione.
Fra guerre e pace
Nonostante i proclami sbandierati, la regione della SADC è attraversata da vari conflitti.
Due sono quelli che più preoccupano, quelli nell’est della Rd Congo e nel Mozambico settentrionale, ma anche quelli, più circoscritti, di e-Swatini e Lesotho.
Di essi ha parlato il presidente uscente del dipartimento di Politica, sicurezza e cooperazione per la difesa, il capo di stato della Namibia, Hage Gottfried Geingob.
Le due situazioni di maggiore instabilità della regione vedono un punto critico comune: la presenza del Rwanda.
Per il Mozambico è stata confermata la volontà di rinnovare per un solo anno la missione della SAMIM, stabilendo un’uscita definitiva dal terreno di conflitto nel 2024.
Nella Rd Congo, invece, la SADC ha stabilito di rafforzare la propria forza militare (SAMIDRC), a fronte di truppe ribelli molto ben equipaggiate e armate.
La questione più spinosa riguarda il presunto coinvolgimento di Paul Kagame e del Rwanda, tendente a destabilizzare la parte orientale del paese, alimentando il famigerato gruppo M23.
Secondo quanto sostengono sia Tshisekedi che le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, sarebbe proprio Kagame a finanziare questo gruppo di ribelli tutsi che, dopo nove anni, ha ripreso – a novembre del 2021 – le proprie azioni militari.
Di contro, Kagame accusa la Rd Congo di sostenere ancora le Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (FDLR), formate soprattutto da ex-militari rwandesi hutu in rotta con Kagame.
Ciò che imbarazza la SADC è che il Rwanda è ottimo alleato del Mozambico a Cabo Delgado, per cui un’azione dell’organizzazione esplicitamente avversa a Kagame potrebbe trovare forti opposizioni proprio dal governo di Maputo.
Gli altri due casi di instabilità, relativi ai due piccoli stati monarchici del Lesotho e dello e-Swatini, non hanno occupato più di tanto i partecipanti del summit, salvo un rapido accenno per il buon lavoro svolto dal gruppo di saggi guidato dall’ex-presidente della Tanzania, Jakaya Kikwete, rispetto al difficoltoso evolversi della riforma costituzionale in Lesotho.
Nessun cenno, invece, sui processi elettorali in corso in diversi paesi dell’organizzazione, a partire da quello dello Zimbabwe – dove si vota il 23 agosto -, limitandosi a un augurio di “elezioni pacifiche”.
Prospettive di sviluppo
Il summit si è poi concentrato sui processi di sviluppo della regione.
Oltre all’importanza del potenziamento della cooperazione internazionale, il vertice ha posto la propria attenzione sul settore agro-industriale, su quello dei minerali e sull’industria farmaceutica.
Tali priorità erano state definite dal RISP (Regional Indicative Development Strategic Plan, 2020-2030), mentre al centro del programma stabilito in occasione del 42º Summit della SADC, svoltosi lo scorso anno, era stato posto lo sviluppo dell’agro-industriale.
All’interno della prospettiva di uno sviluppo maggiormente attento alle necessità umane, oltre a quelle economiche, sono stati approvati alcuni protocolli che i singoli stati dovranno ratificare: fra questi, il Protocollo su occupazione e lavoro, per assicurare condizioni di lavoro degne in tutta la regione, e le due dichiarazioni su questioni di salute pubblica che stanno limitando notevolmente lo sviluppo economico di molti dei paesi dell’area: quella sull’AIDS e quella sulle minacce alla salute pubblica.
Infine, il vertice ha pregato gli stati membri che ancora non lo avessero fatto, di ratificare l’accordo sul SADC Humanitarian Emergency Operations Centre (SHOC), il cui centro operativo dovrebbe essere inaugurato il prossimo ottobre.
L’agenda di João Lourenço
Il neo-presidente della SADC, nel suo discorso di insediamento, ha ribadito alcune priorità che caratterizzeranno il suo mandato: gestione del conflitto nella regione dei Grandi Laghi, progresso della zona di libero scambio commerciale (AfCFTA/ZECLA), con appello alla “quarta rivoluzione industriale” che, per l’Angola, si sta concretizzando con l’intervento americano per la costruzione del Corridoio di Lobito, digitalizzazione, prospettiva di creare un parlamento della SADC e un fondo di sviluppo regionale interno e, infine, rafforzamento della prospettiva di genere.