Il XVI Congresso del Polisario, il Fronte di liberazione del Sahara Occidentale, è terminato il 20 gennaio dopo un inatteso prolungamento di ben 3 giorni dei suoi lavori, con la riconferma per i prossimi tre anni di Brahim Ghali come segretario generale col 69% dei voti validi contro il 31% dell’altro candidato, Bachir Mustafa Sayed, fratello del fondatore del Polisario, El Wali Mustafa Sayed, morto in battaglia nel giugno del 1976.
Brahim Ghali era stato eletto per la prima volta nel luglio 2016 in un Congresso straordinario a seguito della morte del suo predecessore Mohamed Abdelaziz e poi confermato nel XV Congresso nel dicembre 2019. Il segretario generale è automaticamente anche il presidente della Rasd, la Repubblica Araba Sahrawi Democratica, proclamata da El Wali nel febbraio 1976.
Il Congresso si è aperto il 13 gennaio nella wilaya di Dakhla, uno dei campi profughi in cui sono raggruppati i rifugiati sahrawi nel deserto algerino, a 180 km a sud di Tindouf, e doveva terminare il 17.
Ai lavori hanno partecipato circa 2mila delegati alla presenza di oltre 300 rappresentanti di governi, partiti, associazioni, parlamenti in provenienza dall’Africa, America Latina, Europa e Asia. Il motto del Congresso “Intensificare la lotta per espellere l’occupante e completare la sovranità” segna di per sé l’obiettivo dei lavori.
Come di consueto il Congresso è stato predisposto da un comitato preparatorio che nell’ottobre 2022 ha stabilito data, luogo e motto, e i temi dei diversi documenti preparatori che vanno dagli aspetti militari a quelli socio-economici. I congressi locali hanno poi designato i delegati.
I lavori si sono aperti con una relazione del segretario nazionale uscente che ha sottolineato il nuovo contesto internazionale, l’impegno sul piano militare, diplomatico e mediatico e la resistenza nei territori occupati.
Guerra e lotta armata
In effetti i lavori si sono svolti in uno scenario molto diverso dai precedenti. È il primo Congresso dall’epoca Covid e soprattutto è il primo che si tiene in piena guerra, ripresa il 13 novembre 2020 con la violazione del cessate il fuoco – in vigore dal settembre 1991 – da parte del Marocco con un’azione militare a Guerguerat, alla frontiera tra il Sahara Occidentale e la Mauritania, che ha ricevuto l’immediata risposta del Polisario.
Proprio questo contesto ha dato vita ad un vivace dibattito sulla necessità di intensificare le azioni di guerra dotando l’esercito del Polisario, che non ha sospeso gli attacchi nemmeno durante il Congresso, dei mezzi necessari. È stato denunciato anche il silenzio del Marocco, i cui mezzi di informazione, ufficiali e non, sono obbligati a tacere della guerra in corso.
Brahim Ghali, dopo la sua rielezione, ha subito confermato il ricorso alla lotta armata in assenza della volontà del Marocco di negoziare col Polisario.
Vi è stata d’altro canto un’attenzione a ciò che accade nei territori occupati dove la repressione marocchina si è fatta particolarmente intensa, come denunciato anche dall’ultimo rapporto annuale di Human Rights Watch nella più totale indifferenza da parte della comunità internazionale.
Nella sua relazione introduttiva Brahim Ghali ha fatto appello alla comunità internazionale affinché esiga la liberazione di tutti i prigionieri politici sahrawi e la fine dello sfruttamento delle risorse naturali del Sahara Occidentale da parte del Marocco.
Rinnovare la classe dirigente
Il protrarsi dei lavori è anche il risultato della pressione alla base per un cambiamento della classe dirigente che da decenni ruota su diversi posti senza un vero rinnovamento. I giovani chiedono di poter contare di più, e non a caso molti congressisti hanno sottolineato la necessità di rafforzare l’educazione nazionale per formare le future generazioni.
Allo stesso tempo c’è stata l’unanime preoccupazione per l’unità del Polisario. Questa si è sostanzialmente mantenuta malgrado le manovre del Marocco che, soprattutto nei territori occupati, spinge le personalità sahrawi più in vista a tradire la propria causa, senza risultati apprezzabili, tuttavia.
Il Congresso, dopo aver approvato a larghissima maggioranza la relazione di Brahim Ghali, ha preso alcune decisioni sul piano organizzativo. Ha approvato a maggioranza assoluta il Programma nazionale di azione e la nuova Costituzione.
Ha inoltre emendato il proprio regolamento interno, e rivisto la composizione del segretariato nazionale, cui compete la direzione del Polisario, con una minima diminuzione dei suoi membri (da 29 a 27), con l’esclusione dei responsabili delle organizzazioni di massa (giovani, donne, lavoratori, studenti), in precedenza membri di diritto, e il rinnovo obbligatorio di almeno sei membri tra un Congresso e l’altro.
Al termine del summit si è provveduto ad eleggere il nuovo segretariato nazionale, scegliendo i 27 membri tra 181 candidati.
Il Congresso è stata anche l’occasione per ricevere manifestazioni di solidarietà da parte della società civile internazionale e dei rappresentanti degli stati che riconoscono la Rasd. Particolarmente applaudita come sempre la delegazione dell’Algeria, la principale sostenitrice del Polisario. Unanime la condanna della decisione presa dal governo spagnolo di allinearsi alle testi marocchine, cedendo al ricatto di Rabat.
Condanna europea per Rabat
Apertosi nel pieno scandalo del Maroccogate dentro il parlamento europeo, il Congresso ha offerto l’opportunità di denunciare ancora una volta l’incongruenza delle istituzioni europee che violano il diritto internazionale e il diritto europeo, ignorando le sentenze del tribunale e della Corte dell’Unione europea a proposito degli accordi economico-commerciali con Rabat che continuano a comprendere illegalmente le zone occupate dal Marocco.
Sull’onda dello scandalo, il parlamento europeo riunito a Strasburgo ha votato il 19 gennaio una risoluzione in cui chiede la liberazione dei giornalisti imprigionati, in particolare di Omar Radi, e condanna l’uso di accuse pretestuose e le pratiche di sorveglianza, come nel caso del software spia Pegasus nei loro confronti.
Il parlamento ha espresso preoccupazione per le accuse di corruzione nei confronti di alcuni deputati e ha chiesto l’applicazione delle stesse misure adottate nei confronti del Qatar. La risoluzione ha visto il voto contrario dei deputati del Psoe, il partito del primo ministro spagnolo Sánchez.
La risoluzione è la prima nei confronti del Marocco sulla questione dei diritti umani. Per questo alla vigilia e nel corso del dibattito del 18 gennaio il Marocco ha cercato di interferire nella decisione del parlamento europeo.
Come rivelato dal quotidiano Le Monde, alcuni deputati marocchini della Commissione mista Marocco-Ue hanno contatto deputati europei, e il suo co-presidente marocchino Lachen Haddad ha inviato ai parlamentari un testo in cui controbatte punto per punto il progetto di risoluzione. Gli stessi che si possono leggere nella prima presa di posizione ufficiale.
I due rami del parlamento marocchino sono stati convocati per oggi per discutere la risoluzione del parlamento europeo.