Sahel. Conflitti, migrazioni e instabilità a sud del Sahara - Nigrizia
Libri
Camillo Casola
Sahel. Conflitti, migrazioni e instabilità a sud del Sahara
Il Mulino, 2022, pp. 190, € 15
10 Novembre 2022
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 3 minuti

Il Sahel (sponda in arabo) è una delle regioni più instabili del pianeta. Golpe militari, traffici illeciti, flussi migratori e ramificazione di gruppi jihadisti ne fanno una terra difficile da governare. A mettere ordine nell’analisi delle tante crisi che attraversano Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger il lavoro di Camillo Casola, ricercatore associato al programma Africa dell’Istituto per gli studi di Politica internazionale.

Sul fenomeno dei ripetuti colpi di stato, ultimo in ordine di tempo quello in Burkina Faso di fine settembre, si sofferma Giovanni Carbone, professore di Scienze politiche all’Università degli Studi di Milano, che nell’introduzione al saggio chiarisce come il ritorno prepotente di questa tendenza si spiega da un lato con la «netta avanzata di narrazioni e pratiche autoritarie», dall’altro con «la sfida portata ai Paesi occidentali […] da chi incarna e promuove modelli politici ed economici alternativi».

Il riferimento è a Russia, Cina e ai Paesi arabo-mediorientali. A emergere, in parallelo, sono le fragilità dei sistemi politici locali, che faticano a dare continuità ai processi democratici. Ciò perché anzitutto, sottolinea l’autore, a tenerli in piedi sono pratiche clientelari e reti di patronage che rafforzano unicamente le élite al potere e modelli di governance in cui «sfera pubblica e […] privata si sovrappongono, il settore pubblico è permeato da interessi particolari […] e l’accesso alle istituzioni pubbliche è considerato uno strumento di arricchimento personale».

In contesti estremamente polarizzati come questi, in cui gruppi etnici e sacche sociali vengono puntualmente esclusi dai meccanismi di distribuzione delle risorse, hanno gioco facile a cavalcare il malessere formazioni jihadiste di ispirazione salafita di vecchia e nuova costituzione. Nel complicato tentativo di ricostruire il puzzle di alleanze e affiliazioni ad al-Qaida o a Isis a sud del Sahara, Casola concentra l’obiettivo su una figura criminale che da anni sposta gli equilibri del jihad nel Sahel, Mokhtar Belmokhtar, padrone delle rotte che muovono le risorse di questa regione: l’oro, le armi, il narcotraffico, gli esseri umani.  

Se poi i tentativi di contenimento a tutto ciò arrivano da forze armate regionali mal pagate e prive di equipaggiamenti adeguati e che, nel silenzio di gerarchie corrotte, si sono macchiate in questi anni di abusi nei confronti di popolazioni inermi – tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2021 oltre 600 le esecuzioni extragiudiziali compiute dal controterrorismo di Mali, Niger e Burkina Faso – ecco spiegato il successo di gruppi jihadisti e formazioni ribelli.

Nel libro c’è spazio, infine, per due tematiche su cui l’autore prova a fare chiarezza. La prima riguarda la pressione delle crisi climatiche sul Sahel. Secondo Casola «è difficile dimostrare che i cambiamenti climatici possano direttamente incidere sui livelli di conflittualità tra popolazioni rurali […] In molti casi, al contrario, proprio l’aumento della disponibilità di risorse attraverso la messa in valore di aree rurali è suscettibile di alimentare forme di competizione violenta».

La seconda, più annosa, rimanda alla questione migratoria e all’immagine stereotipata del Sahel come snodo delle rotte percorse dai migranti subsahariani in direzione del Mediterraneo e dell’Europa. Il fenomeno esistite ma viene strumentalmente sovradimensionato, considerato che «l’80-90% circa dei flussi migratori in Africa occidentale si sviluppa all’interno della regione» e non verso le nostre coste.

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