“Sahel”: cosa si sa del progetto monetario degli stati golpisti?
Burkina Faso Economia Mali Niger
Il sogno di Goita, Tiani e Traoré è l’abbandono del franco CFA, ma la situazione finanziaria dei tre paesi non è promettente
“Sahel”: cosa si sa del progetto monetario degli stati golpisti?
È questo il nome attribuito alla nuova moneta a cui starebbero lavorando le giunte militari di Mali, Burkina Faso e Niger. Progetto concreto o propaganda?
31 Gennaio 2024
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 3 minuti
Da sinistra: Ibrahim Traoré, Abdourahamane Tiani e Assimi Goita

Per il momento sono solo voci. Il 16 settembre del 2023 Assimi Goita, Abdourahamane Tiani e Ibrahim Traoré, i tre capi delle giunte militari al potere rispettivamente a Bamako, Niamey e Ouagadougou, hanno firmato la carta Liptako-Gourma che ha sancito la nascita dell’Alleanza degli stati del Sahel (AES).

Nel documento si parla di difesa dell’emancipazione economica dei tre stati che, nel concreto, potrebbe tradursi nell’abbandono del franco CFA, percorso che hanno già da tempo caldeggiato e intrapreso altri paesi dell’Africa centro-occidentale e che, in generale, trova d’accordo in tutto il continente la stragrande maggioranza dei giovani africani. Ma non si accenna alla volontà di coniare una nuova moneta.                                                                                                        

Un segnale in direzione di una maggiore autonomia economica è stato mandato il primo dicembre scorso dai ministri delle Finanze di Mali, Burkina Faso e Niger al termine di un incontro a Bamako nel corso del quale è stata avanzata l’idea di creare una confederazione tra i tre paesi, partendo dall’istituzione di un fondo di stabilizzazione dei cambi e di una Banca d’investimento dell’AES.

La base di partenza economica di questo progetto non è però promettente. Complici anche le sanzioni imposte dopo i golpe militari, nel 2022 il debito pubblico è stato pari in Mali al 50,4% del Pil, in Niger al 51,2% e in Burkina Faso al 57,2%.

Si tratta di percentuali comunque in linea con la media dei paesi dell’Africa subsahariana, in cui il debito pubblico pesa in media sul Pil poco meno del 60%, secondo le più recenti stime del Fondo monetario internazionale.

La situazione è ben più critica se si guarda invece al deficit pubblico, ovvero quel fenomeno contabile che si registra quando le uscite della pubblica amministrazione superano le entrate. Se in Mali nel 2022 questo tasso è stato relativamente controllato (4,8% del Pil), in Niger (6,8%) e Burkina Faso (8,5%) è stato più elevato. Questo dislivello rende difficilmente praticabile per i tre paesi l’attuazione di una politica economica e monetaria comune.

Inoltre, se intende realmente battere moneta l’AES dovrà attenersi a delle condizioni a cui non può sottrarsi. Ci sono una serie di vincoli logistici e finanziari legati alla fabbricazione di monete e banconote da rispettare. Dovrà essere garantita la convertibilità in altre valute. Si dovranno definire i criteri della scelta del regime di cambio e si dovrà creare una Banca Centrale.

Per ora di certo si sa solo che i ministeri delle Finanze dei tre paesi sono al lavoro su uno studio che possa identificare tutti gli scenari possibili. I ministri di Mali, Burkina Faso e Niger hanno inoltre concordato che si incontreranno per definire una posizione comune da sostenere in vista dei prossimi vertici della BCEAO (Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale) e dell’UEMOA (Unione economica e monetaria ovest-africana).

Saranno i prossimi mesi a dire quanto c’è di concreto in questo progetto. O se si tratta di un’arma di distrazione agitata all’esterno per tenere a bada le opinioni pubbliche interne.

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