Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), Emergency, Medici senza Frontiere (MsF), Oxfam Italia e SOS Humanity hanno presentato un reclamo alla Commissione europea per chiedere un esame della nuova legge italiana in materia di gestione dei flussi migratori.
Le cinque ong, preoccupate per la nuova normativa che di fatto ostacola il salvataggio delle persone migranti che attraversano il Mediterraneo per arrivare in Europa, mettono nero su bianco le perplessità sulla compatibilità della legge con il diritto dell’Unione Europea e gli obblighi degli stati membri ai sensi del diritto internazionale in materia di attività di ricerca e salvataggio in mare.
«La Commissione europea è la custode dei trattati dell’UE e garantisce che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e comunitario» ha affermato Giulia Capitani, policy advisor su immigrazione e asilo di Oxfam Italia.
«Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in Europa. Invece, sono le ong a riempire il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli tati membri dell’Ue. Invece di ostacolare il loro lavoro, le ong andrebbero coinvolte nella creazione di un sistema adeguato di ricerca e soccorso in mare».
L’oramai famoso decreto Piantedosi prevede che le imbarcazioni si dirigano senza ritardi verso il porto assegnato dopo la prima operazione di salvataggio delle persone migranti. Cosa che nella realtà delle ultime operazioni delle ong spesso non accade.
Anzi, avviene esattamente il contrario e spesso con la capitaneria italiana che coordina i vari salvataggi. Tant’è vero che le ultime navi arrivate in Italia dopo aver soccorso più imbarcazioni (fino a sei, la settimana scorsa, Open Arms) non sono state sanzionate.
La norma però di fatto vieta e limita l’azione delle imbarcazioni nel fornire assistenza ad altre barche in difficoltà. Per cui fino all’arrivo in porto, chi comanda la nave non sa se verrà o meno sanzionato per aver violato la legge.
Quel che invece continua è l’assegnazione alle navi umanitarie di porti lontani. Una politica diventata prassi, anche se non prevista da alcuna normativa.
Prassi che non fa altro che aumentare significativamente i tempi di viaggio delle navi ong e limitare di conseguenza la loro azione nella zona di ricerca e soccorso, dove sono sempre più necessarie viste le partenze dalle coste africane verso l’Italia.