C’è un flusso di infermieri dal sud al nord del mondo. Da paesi poveri con un sistema sanitario precario a paesi ricchi che, per colmare la mancanza di queste professionalità, reclutano massicciamente e a basso costo infermieri che si sono formati in Africa e Asia.
Lo denuncia il Consiglio internazionale degli infermieri (Cii), sottolineando che questo accaparramento di personale contribuisce a impoverire ulteriormente l’offerta sanitaria di molti paesi in via di sviluppo.
Spiega il direttore generale del Cii, Howard Catton, che l’80% delle migrazioni internazionali di infermieri prende la via del Regno Unito, degli Stati Uniti, del Canada e dell’Europa.
Catton ha affermato che ci sarebbero trattative tra il Regno Unito e il Ghana per arrivare a un accordo in base al quale Londra pagherebbe ad Accra 1.140 euro per ogni infermiere reclutato. «Una cifra – commenta Catton – che non riconosce il valore dei costi di formazione di una infermiera o infermiere».
Questo reclutamento si concentra principalmente sugli infermieri specializzati e con una buona esperienza. «E ciò crea un deficit di competenza nei paesi da cui partono gli infermieri», sottolinea Pamela Cipriano presidente del Cii.
A novembre 2022 l’Organizzazione mondiale della sanità prevedeva che entro il 2030 in Africa mancheranno circa 5,3 milioni di operatori sanitari. Tra i paesi di maggiore emigrazione lo Zimbabwe e il Malawi, che hanno perso circa 4mila professionisti solo lo scorso anno.
Il Consiglio internazionale degli infermieri, fondato nel 1899, ha sede a Ginevra e ne fanno parte 130 associazioni nazionali che rappresentano 28 milioni di operatori sanitari.