Arrestato la sera del 25 novembre, giorno del presunto tentato golpe a São Tomé e Príncipe, l’ex-presidente del parlamento, Delvim Neves, oggi deputato del movimento Basta!, da Lisbona rincara le accuse contro l’attuale primo ministro Patrice Trovoada.
Secondo Delfim Neves – rilasciato dopo 76 ore di interrogatorio dall’esito negativo – ci sarebbe proprio Trovoada, l’uomo forte di questo piccolo paese insulare, dietro un colpo di stato che, sin dall’inizio, ha lasciato molte perplessità.
Secondo Neves vi sarebbero vari indizi che accrediterebbero la tesi di un falso golpe orchestrato da chi è già al potere, ma che vorrebbe – a sua opinione – cambiare la Costituzione, per introdurre un sistema presidenzialista (cambiando l’attuale semi-presidenzialista). Un cambiamento che consentirebbe a Trovoada, in pratica, di non uscire più dalla gestione del potere.
I fatti succedutisi – e che anche Neves cita – sono molto significativi: in primo luogo, quattro dei cinque arrestati (fra cui il presunto capo e mandante dell’assalto, l’ex-combattente Arlécio Costa) sono morti mentre erano sotto custodia delle forze armate, immediatamente dopo il fallimento del presunto golpe.
Video terribili di torture contro di loro girano nelle reti sociali di São Tomé e del Portogallo, a conferma delle atrocità commesse da alcuni militari.
La prima risposta a tali fatti è venuta dal capo di stato maggiore, Olinto Paquete, che si è dimesso il 1 dicembre per due ragioni: in primo luogo per il tradimento di un manipolo di suoi sottoposti che avrebbero cercato di aiutare i golpisti a penetrare nel comando generale delle forze armate; in secondo luogo, e soprattutto, in ragione delle torture e dei successivi decessi dei quattro prigionieri che erano stati catturati vivi in seguito al fallimento del colpo di stato.
In un’intervista al canale in lingua portoghese di Deutsche Welle (DW), Paquete ha dichiarato che «il nostro obiettivo era la preservazione della vita, cosa riuscita durante l’operazione. I fatti successivi, inspiegabili, orribili, hanno compromesso tutto ciò che di buono era stato fatto», per di più a sua insaputa. L’ex-capo di stato maggiore conclude la sua intervista affermando che si è trattato di un piano preordinato, dalla regia dubbia.
Il tono delle dichiarazioni di Delfim Neves va sulla scia di quanto Paquete aveva dichiarato qualche giorno prima. Morti non soltanto atroci, ma inspiegabili, nessuna iniziativa, da parte del ministero pubblico, per identificare e condannare i colpevoli di quei reati, una informazione completamente gestita dal primo ministro.
Secondo Neves, quest’ultima circostanza rappresenterebbe più di un indizio del coinvolgimento di Trovoada nel golpe: è stato lui il primo a parlare di questo caso, il primo a dare i nomi degli arrestati, il primo a indicare i passi successivi.
Un suo coinvolgimento, secondo Neves, sarebbe quindi «naturale», come dichiarato in un’intervista rilasciata il 17 dicembre scorso a DW. Trovoada, invece, continua a smentire tutte queste voci.
Nel frattempo, proprio su invito di Trovoada, autorità portoghesi sono giunte a São Tomé per aiutare a svolgere le indagini; anche le Nazioni Unite hanno inviato un rappresentante dell’Alto commissariato dell’Africa Centrale per verificare le circostanze che hanno portato alla morte dei quattro prigionieri.
Occorre infine ricordare che il 22 dicembre scorso l’esecutivo portoghese ha stanziato un aiuto di 15 milioni di euro per São Tomé e Príncipe, per far fronte alla dura crisi economica che sta attraversando il paese.
Il montante sarà versato sotto forma di appoggio diretto al bilancio dello stato, per evitare il collasso di settori chiave quali salute, sicurezza alimentare ed educazione.
São Tomé è da sempre considerato un esempio di democrazia in Africa, ma con condizioni economiche assai problematiche e col 50% del proprio prodotto nazionale proveniente dagli aiuti internazionali.