Di pesce, a São Tomé e Príncipe, piccolo arcipelago africano nel Golfo di Guinea, ce n’è sempre meno. È un dato certo.
Come è certo che i pescatori artigianali (circa il 20% di tutta la forza-lavoro del paese) riescono ad avere sempre meno ricavi, mettendo a rischio non soltanto le economie delle proprie famiglie, ma la sicurezza alimentare di buona parte della popolazione, che dal pesce dipende per soddisfare il proprio fabbisogno proteico.
Secondo Albertino Pires dos Santos, della organizzazione non governativa Marapa, costituita nel 1999, i motivi andrebbero ricercati nei mutamenti climatici, nel ruolo decisivo dei grandi gruppi stranieri che stanno facendo razzia di questa importante materia prima, e infine nella pirateria e insicurezza marittima.
Cambiamenti climatici
S. Tomé e Príncipe, a causa della sua conformazione insulare, è tra i più vulnerabili ai cambiamenti climatici, i cui effetti sono particolarmente severi nell’ambiente marittimo. La rapida erosione costiera e il riscaldamento delle acque hanno portato a una carenza di pesce, da un lato, e dall’altro hanno spinto i pescatori artigianali a spostarsi sempre più a largo per reperire questa preziosa materia prima.
Privi di mezzi adeguati, molti di loro stanno abbandonando la pesca come attività principale. In risposta a questa crisi, l’ong Marapa ha iniziato a fornire equipaggiamenti di base a diversi pescatori artigianali, con l’obiettivo di indurli a proseguire la loro attività, con un maggior grado di sicurezza: per esempio offrendo loro GPS, dando formazioni specifiche sul loro uso e su come orientarsi con questi strumenti in mare aperto.
Un mare devastato
Non è soltanto il cambiamento climatico a determinare la crisi nel settore ittico di S. Tomé e Príncipe: come il primo ministro Trovoada ha sottolineato di recente, l’eccessivo sfruttamento delle risorse marittime da parte di grandi gruppi internazionali ha contribuito ad accelerare questa crisi. Ciò è dovuto alla massiccia presenza in loco di imbarcazioni di paesi dell’Unione europea (in particolare Francia, Spagna e Portogallo), della Cina e del Giappone.
Secondo studi compiuti in riviste internazionali sembra che la recente scarsità di pesce sia dovuta in misura maggiore alla presenza di imbarcazioni di paesi Ue, in seguito alla fine dell’embargo, attuato nel 2017 per motivi igienici, sulle risorse ittiche provenienti da S. Tomé e Príncipe.
Proprio l’Ue ha rinnovato nel 2019 un accordo quinquennale specifico per lo sfruttamento delle risorse ittiche di S. Tomé e Príncipe. Accordo particolarmente importante, visto che i paralleli protocolli coi i vicini Gabon e Guinea Equatoriale sono al momento fermi
Sicurezza marittima
In questo momento, ciò che più preoccupa il primo ministro Trovoada è la questione relativa alla sicurezza marittima, ossia alla pirateria e alla pesca illegale. Se, nel 2021, il parlamento ha approvato una legge che permette alla Guardia costiera di operare azioni di controllo più efficaci su imbarcazioni sospette, il problema non è certo risolto.
Il Golfo di Guinea è il luogo più battuto al mondo da imbarcazioni pirata, che effettuano attacchi sempre più violenti, che spesso culminano col rapimento degli equipaggi delle navi assaltate.
Una situazione che ha richiamato l’attenzione di Stati Uniti e Unione europea (e Nigeria, in modo autonomo), che stanno cercando di garantire la sicurezza marittima del Golfo, anche in previsione dello sfruttamento di Oil & Gas off-shore di tutta l’area.
Sicurezza senza la quale l’attività di pesca è destinata a ridursi drammaticamente, visti i pericoli insiti nelle azioni di pirateria presenti nelle acque del Golfo di Guinea.