La Corte costituzionale del Senegal, accogliendo il ricorso presentato dalle opposizioni, ha annullato i due atti che hanno trascinato il paese dell’Africa occidentale in una grave crisi politica.
I giudici hanno dichiarato nullo il decreto del presidente Macky Sall, emanato il 3 febbraio, che aveva modificato il calendario delle elezioni presidenziali rinviando la data del voto, stabilito per il 25 febbraio.
E hanno qualificato come contraria alla Costituzione la legge adottata il 5 febbraio dal parlamento che aveva approvato il rinvio e stabilito che le presidenziali si tenessero il 15 dicembre.
In relazione al decreto del 3 febbraio, la Corte sottolinea che «manca di una base legale, in quanto il presidente della repubblica non dispone del potere di rinviare o di annullare lo scrutinio». Prerogativa che appartiene alla Corte costituzionale.
Ora lo scenario cambia completamente: la maggioranza che sostiene Macky Sall è indebolita e frastornata, mentre l’opposizione e la società civile, che avevano definito le mosse del presidente un «colpo di stato costituzionale», sono al centro della scena.
Anche perché la Corte costituzionale incalza e «costatando l’impossibilità di organizzare l’elezione presidenziale alla data inizialmente prevista, invita le autorità competenti a organizzarla appena possibile».
Il governo di Macki Sall ha tentato in questi giorni di svelenire il clima – ci sono state numerose manifestazioni di piazza e scontri con le forze dell’ordine che hanno provocato tre morti – liberando alcune decine di detenuti per ragioni politiche.
Dal 2021 a oggi, secondo alcune organizzazioni umanitarie, sono finiti in carcere centinaia di membri dell’opposizione. Tra questi, il leader anti-sistema Ousmane Sonko e fondatore del partito Pastef-I patrioti (sciolto la scorsa estate) e Diomaye Faye, anche lui figura di punta di Pastef e candidato alle presidenziali.