Alla vigilia delle elezioni presidenziali in Senegal, in programma per il 24 marzo dopo il caos scoppiato per il posticipo del voto ordinato dal presidente uscente Macky Sall, è la pesca uno degli argomenti più caldi a tenere banco nella campagna elettorale.
Il tema è cavalcato in particolare da Khalifa Sall, ex sindaco di Dakar, e da Idrissa Seck. Quest’ultimo, primo cittadino di Thiès e presidente del partito Rewmi, ha firmato un documento presentato dalla Coalizione nazionale per la pesca sostenibile, attraverso cui si propone la rinegoziazione degli accordi di pesca stretti sia con l’Unione Europea che con la Cina.
Mentre Bassirou Diomaye Faye, vice di Ousmane Sonko insieme al quale è stato scarcerato il 14 marzo, ha promesso che se verrà eletto presidente farà istituire una zona di 12 miglia nautiche da riservare esclusivamente alla piccola pesca artigianale effettuata a bordo delle piroghe.
Tenere a galla il settore della pesca in Senegal rappresenta d’altronde una questione di sopravvivenza per milioni di persone. Il settore è da anni in profonda crisi. Secondo un rapporto dell’ottobre 2023 di Environmental Justice Foundation (EJF) due terzi dei pescatori senegalesi ha visto ridursi drasticamente il proprio reddito negli ultimi cinque anni.
Con i pesci che finiscono in larga parte impigliati nelle reti dei grandi pescherecci, sono sempre di più i giovani senegalesi che decidono di abbandonare il mestiere e tentare la traversata nell’Oceano Atlantico verso le Isole Canarie.
Tra il 2012 e il 2019, sempre secondo il report di EJF, il quantitativo di pesce catturato dai pescatori artigianali è addirittura diminuito del 60%. Una percentuale più contenuta, ma comunque allarmante, è quella riportata dal ministero della Pesca e dell’Economia marittima senegalese che parla di un calo del 43% tra il 2000 e il 2022 e del 7% solo tra 2021 e 2022.
Grandi predatori stranieri
Dove finisce tutto il pesce che transita nelle acque del Senegal? A bordo dei pescherecci a strascico della flotta nazionale: circa 100 navi provviste sulla carta di regolare licenza ma controllate quasi per intero da soggetti spagnoli, italiani e cinesi. Secondo l’EJF, infatti, su 102 pescherecci a strascico registrati nel paese, dei 99 che battono bandiera senegalese il 20% è controllato da armatori cinesi e il 29% da armatori europei.
I grandi pescherecci non solo fanno man bassa in modo indiscriminato di quasi tutto il pesce disponibile con le loro reti a traino, ma con le loro manovre finiscono spesso con il devastare le aree riservate alla riproduzione ittica. Le loro reti, inoltre, raschiano i fondali sollevando il carbonio stoccato nei pozzi naturali oceanici e trasformandolo in anidride carbonica.
Tutto ciò si ripercuote anche sul prezzo del pesce al mercato locale. Al punto che oggi anche i pesci del genus Sardinella, come aringhe e sardine che sono tra le specie più diffuse nelle acque del paese, non sono più accessibili a tutti. Il che rappresenta un problema di sicurezza alimentare e di stabilità socio-economica per una fascia sempre più ampia della popolazione.
A complicare le cose per i piccoli pescatori senegalesi – al tema Nigrizia ha dedicato un dossier nel giugno 2022 – sono poi da un lato la carenza di precipitazioni, l’impatto dei progetti per l’approvvigionamento idrico del settore agricolo, la proliferazione delle piante acquatiche e gli effetti della crisi climatica e, dall’altro, la produzione di farina e olio di pesce.
Tonnellate di piccoli pesci, che prima facevano parte dell’alimentazione media dei senegalesi, vengono adesso catturati per essere ridotti in mangime da vendere soprattutto in Europa per nutrire bestiame o pesci d’allevamento, oppure per essere utilizzati nell’industria della cosmesi.
Le autorità senegalesi hanno annunciato la costruzione di un nuovo porto adibito alla pesca a Saint-Louis, nel nord del paese, e rinnovato gli accordi con la vicina Mauritania per ottenere un’estensione delle acque in cui i senegalesi potranno pescare.
A 500 di loro verrà permesso di spingersi con le loro piroghe in zone che prima non era accessibili, ma non potranno portare a riva non più di 50mila tonnellate di pescato all’anno. Per salvare dalla fame o dall’emigrazione forzata milioni di senegalesi il prossimo presidente dovrà inventarsi ben altro.