Ieri notte la Corte Suprema ha confermato la condanna a 6 mesi con la condizionale nei confronti del leader dell’opposizione senegalese Ousmane Sonko, per diffamazione dell’allora Ministro dell’agricolutra Mame Mbaye Niang. Era il terzo e ultimo grado di giudizio.
Tanta attenzione ad un reato di per sé non clamoroso è dovuta alla ricaduta sulla candidabilità di Sonko alle elezioni presidenziali del prossimo 25 febbraio. Secondo il codice elettorale senegalese, la condanna di ieri gli costerebbe la rimozione dalle liste elettorali e quindi la possibilità di competere alle urne. Per questo, uno dei suoi avvocati, Cheikh Koureyssi Ba, aveva definito l’udienza di ieri il «match point» nella faccenda.
Tuttavia, l’uso del condizionale rimane d’obbligo. Da più di due anni, la partecipazione di Sonko alle elezioni è diventata la vexata quaestio per eccellenza in Senegal. Una sequela di processi, appelli, ricorsi, manifestazioni con vittime, hanno dato vita ad una saga giudiziaria densa di capovolgimenti di fronte, in cui il leader dell’opposizione è riuscito a rientrare in gioco più di una volta, anche quando le sue cartucce giudiziarie apparivano esaurite.
In termini pugilistici, quello di ieri, assesta un colpo da mandare a terra, ma senza segnare necessariamente il ko.
La questione è sufficientemente intricata per evocare nuovi cavilli a cui aggrapparsi. Un altro dei suoi avvocati, Ciré Clédor Ly, ha dichiarato che «la battaglia va avanti» e sostiene che «la Corte avrebbe dovuto pronunciarsi sulla ineleggibilità del suo cliente nel suo giudizio». Non avendolo fatto, c’è spazio per nuovi ricorsi.
Prima ancora di avere dettagli sulle prossime mosse legali, l’attenzione mediatica si sposterà a breve su un altro aspetto procedurale: la validazione della candidatura di Sonko da parte del Consiglio Costituzionale, che potrebbe esprimere il suo giudizio già oggi. Ad ogni modo, anche la decisione di quest’ultima non concluderà la vicenda. Sia in caso di un esito favorevole che contrario a Sonko, i pool di avvocati sono già pronti ad intavolare nuovi ricorsi.
Per il momento, il perdurare della battaglia nei tribunali evita che le piazze diventino campi di battaglia. Un rischio più che concreto, visti i precedenti Nel 2020 e 2022, manifestazioni pro-Sonko – poi degenerate in scontri con la polizia – avevano portato a più di 30 vittime.
Nel frattempo, quel che resta di Pastef – il partito fondato da Sonko e sciolto dal governo a fine luglio – ha designato l’ex ministro e politico Habib Sy come potenziale rappresentante alle urne. Entrerà in gioco solo in caso di definitiva esclusione di Sonko dalla corsa elettorale.
Lo stesso Sy si auto-definisce come «un piano C» per il partito, da prendere in considerazione in caso sfumi anche l’opzione B, quella del numero due di Pastef, Bassirou Diomaye Faye. Quest’ultimo è il braccio destro di Sonko. Ed è anch’egli attualmente in prigione per dei commenti espressi sui social media, in attesa di veder validata la sua candidatura dal Consiglio Costituzionale.