«Sonko guarirà e ne uscirà meglio di prima», afferma seduto sul suo carretto il giovane manovale Moussa nel quartiere Point E di Dakar, mentre aspetta che un collega carichi due barili pieni d’acqua e dei tubolari d’acciaio per poi trasportarli in uno dei tanti cantieri lì attorno, di cui è stracolma la città. Poi continua: «io sono convinto che si potrà candidare e vincerà le elezioni».
Non è così ottimista il più anziano Lamine, nella sua boutique di alimentari del quartiere Mermoz. «Purtroppo è stato messo fuorigioco. Se fossi in lui comincerei a supportare qualche suo vecchio alleato per le elezioni. Magari poi le cose potrebbero mettersi meglio, Inshallah (se dio vuole)».
Se ne discute in strada, nei luoghi di aggregazione e sul web. Il Senegal dibatte molto su quale sarà il destino del politico di opposizione senegalese Ousmane Sonko, candidato alla presidenza per le prossime elezioni che si terranno nel febbraio del 2024.
Il sindaco di Ziguinchor (capoluogo della Casamance nel sud del paese dove è cresciuto) che era arrivato terzo alle elezioni del 2019 è stato coinvolto in diversi casi giudiziari che al momento lo renderebbero potenzialmente incandidabile.
In maggio Sonko è stato condannato in appello a sei mesi di carcere con sospensione della pena per la diffamazione del ministro del turismo Mame Mbaye Niang, e in giugno a due anni di carcere in contumacia per “corruzione della gioventù” nell’ormai celebre affaire sweet beauty, un caso di presunte molestie sessuali ai danni della giovane massaggiatrice Adji Sarr in un salone di bellezza.
Il giovane politico ha sempre risposto alle accuse denunciando “un complotto giudiziario” nei suoi riguardi, sfidando il governo e contestando apertamente le autorità giudiziarie facendo largo uso di appelli alla disobbedienza civile e alla ribellione sui social network e nei comizi.
I procedimenti a suo carico sono stati interpretati da una parte dell’opinione pubblica come una macchinazione per escluderlo dalla corsa alla presidenza. Per questo attorno a tali vicende sono scoppiate violente proteste a più riprese sin dall’apertura delle indagini nei suoi confronti nel 2021.
Le manifestazioni di rabbia sono state represse duramente e gli scontri hanno provocato decine di vittime e ingenti danni nelle principali città senegalesi. In quelli più gravi, avvenuti lo scorso giugno, Amnesty International ha contato almeno 23 vittime, centinaia di feriti e diverse violazioni dei diritti umani.
Sotto attacco
A fine luglio, mentre viveva già recluso in casa nella cité Keur Gorgui a Dakar, Sonko è stato arrestato, ma stavolta le autorità hanno rincarato la dose. Ѐ stato messo in custodia cautelare perché accusato tra gli altri di “appello all’insurrezione”, “associazione a delinquere in relazione ad un’impresa terroristica” e “minaccia alla sicurezza dello Stato”.
Poco dopo il politico ha visto sciogliere il suo partito, il Pastef (Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité) e ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione nel carcere di Sébikotane.
Quando la sua salute è peggiorata, è stato trasferito nell’ospedale principale di Dakar, a due passi dal palazzo presidenziale, in centro città.
La sua posizione politica ha ricevuto un ulteriore colpo quando le autorità senegalesi hanno annunciato la sua cancellazione dalle liste elettorali il 16 agosto, il che, secondo il codice elettorale in vigore, lo escluderebbe dallo scrutinio di febbraio.
Incertezza e frustrazione
Ad oggi non c’è ancora certezza sulla sua incandidabilità. Sul processo di diffamazione Sonko farà ricorso alla Corte Suprema, mentre tra giuristi e avvocati il dibattito giuridico sulla sua ultima condanna è in corso, perché avvenuta in contumacia mentre lui era già imprigionato, il che (stando al codice penale) obbligherebbe alla ripetizione del processo.
Anche per quanto riguarda la sua cancellazione dalla lista degli elettori, Pastef dice di non aver ricevuto alcuna notifica in proposito e il partito ha presentato ricorso alla Corte di giustizia dell’ECOWAS/CEDEAO e alla Corte Suprema.
Alla Corte di giustizia della Comunità economica dell’Africa occidentale, Pastef chiede tra l’altro di ordinare allo Stato del Senegal di sospendere lo scioglimento del partito e di ripristinare i suoi diritti politici in vista delle elezioni.
Anche se la corsa alla presidenza sembra comunque molto compromessa per Sonko (che nel frattempo ha interrotto lo sciopero della fame), Pastef, così come molti dei suoi sostenitori, continuano ad essere ottimisti affermando che, se eleggibile, farà campagna anche da dietro le sbarre.
Secondo molti opinionisti questa lotta ostinata assomiglia più a un’ultima resistenza, anche perché nel frattempo il presidente Macky Sall si è mosso.
In luglio ha annunciato a sorpresa che non si candiderà per un terzo mandato e ha da poco scelto un delfino, facendo allentare notevolmente la tensione. La sua possibile permanenza al potere, infatti, era tra i punti più importanti sui cui faceva leva Sonko per avere consensi.
Prima ancora Sall ha avviato un dialogo nazionale con le forze vive della nazione per pacificare il clima prima delle elezioni, e ha reso di nuovo candidabili avversari politici come Khalifa Sall, dividendo così l’opposizione e indebolendo ulteriormente Sonko.
Calma apparente
Oggi il Senegal vive una calma apparente, ma il risentimento e le cause più profonde delle violenze che fino a pochi mesi fa hanno messo a ferro e fuoco il paese restano invariate.
Con la recente sequenza di colpi di stato che hanno scosso l’Africa e in particolare la regione del Sahel, molti analisti si chiedono se il Senegal potrebbe essere a rischio.
Molte analogie con altri scenari della regione esistono. “Populista islamista” per i suoi detrattori e “candidato anti-sistema” per i suoi sostenitori, Ousmane Sonko è emerso negli ultimi dieci anni come uno dei principali outsider della politica senegalese grazie ai discorsi infuocati contro la corruzione, anti-francesi e omofobi.
Una dialettica che ha fatto breccia su un effettivo sentimento di frustrazione di una parte di popolazione contro le istituzioni, che permane e si alimenta.
Un enorme numero di giovani senegalesi si sente abbandonato, disilluso e disperato per la mancanza di opportunità lavorative e di studio.
Non è un caso se negli ultimi mesi sono aumentati i salvataggi in mare e anche le stragi di piroghe che nell’Atlantico cercano di raggiungere le Canarie.
Il 12 settembre, durante l’amichevole di calcio tra Senegal e Algeria nel nuovo stadio di Diamniadio, migliaia di tifosi hanno iniziato a cantare un coro in onore di Sonko, segno che la lotta non è stata dimenticata.
Ciononostante oggi appare improbabile che una situazione simile a quella di Niger, Burkina Faso o Mali possa ricrearsi in Senegal per diverse ragioni.
Prima di tutto Macky Sall ha rinunciato a un eventuale terzo mandato calmando gli animi di molti senegalesi che già nel 2012 con l’ex-presidente Abdoulaye Wade avevano mostrato il loro dissenso contro chi si aggrappa al potere.
Poi ci sono quelle storiche-culturali, in quanto nel paese non ci sono mai stati colpi di stato, è già stata vissuta l’alternanza democratica ed esiste una classe media solida che sostiene le istituzioni.
Infine va considerato l’aspetto religioso che qui in Senegal ha una forte influenza politica. Le quattro confraternite islamiche sufi senegalesi svolgono un ruolo economico, politico e sociale fondamentale e fanno il bello e il cattivo tempo.
Sono loro che hanno calmato le proteste e che oggi invitano la popolazione alla pace come ha fatto di recente il khalife, generale della confraternita Mouridiyya dalla città santa di Touba.
Ѐ lì che si è recato Macky Sall prima di rinunciare al terzo mandato e sempre da lì è arrivata la richiesta di interrompere lo sciopero della fame per Sonko.