Il 2 giugno come nuova data per le elezioni; un progetto di legge di amnistia per prigionieri politici (leggi Ousmane Sonko); apertura a validare candidature alle presidenziali precedentemente respinte (leggi Karim Wade). E Macky Sall come traghettatore fino all’installazione del suo successore.
Questi i punti principali emersi dalla due giorni di dialogo nazionale lanciati dal Presidente della repubblica Sall con l’obiettivo di superare una delle più grandi crisi politico-istituzionali nella storia del Senegal. Una crisi nata da tre anni di battaglia (in quasi tutti i sensi) tra lui e il leader dell’opposizione Sonko, e poi aggravatasi con il rinvio delle elezioni presidenziali del 25 febbraio.
Le soluzioni proposte in questo dialogo faranno uscire dall’impasse? I motivi per dubitarne non mancano. A partire da un fatto principale: a dialogare c’era solo una parte, quella vicina al presidente. I vari membri dell’opposizione hanno boicottato l’iniziativa, che hanno qualificato di ‘’mascherata’’. Accusano Sall di voler prendere tempo per evitare di andare alle urne in questa fase, in cui l’immagine delle forze di maggioranza è più in discussione che mai.
La posizione del fronte dell’opposizione rimane immutata: vuole un voto entro il 2 aprile, data di fine del mandato di Sall. Ragion per cui hanno fatto un ricorso al Consiglio Costituzionale (il più alto organo giudiziario del paese e attore centrale nell’ultimo mese) chiedendogli all’istituzione giudiziaria di fissare il giorno del voto al posto di Sall.
Al momento, quindi, lo stallo alla messicana tra i vari attori della crisi continua.