Cinquanta visite di Stato all’estero, 120 giorni di permanenza e un percorso di 274mila chilometri, 6,8 volte il giro della Terra. Nei sette anni del suo primo mandato al Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rieletto lo scorso 29 gennaio, non si è di certo risparmiato nei viaggi diplomatici oltreconfine. Trasferte che spesso si sono rese necessarie per rimediare a uscite maldestre dei ministri degli esteri che nel frattempo si sono succeduti alla Farnesina, o per spingere il nostro paese a fare i conti con gli errori del passato, come spiega Angelo Gallippi in una biografia enciclopedica dedicata al presidente.
In questa doppia “missione” alcuni dei dossier più rognosi Mattarella li ha dovuti gestire nelle relazioni con i paesi africani. Al caso Regeni è dedicato un intero capitolo. È l’agosto del 2017 quando l’allora ministro degli esteri Angelino Alfano, a un anno e mezzo dall’omicidio del ricercatore italiano, dispone il ritorno del nostro ambasciatore al Cairo definendo l’Egitto «un partner ineludibile» dell’Italia e parlando del presidente Abdel Fattah al-Sisi come di «un interlocutore appassionato alla ricerca della verità». Pugnalate al petto per la famiglia Regeni, che hanno costretto Mattarella a provare a più riprese a ricucire lo strappo con i genitori della vittima. Compito non semplice, complicato dalla “svendita” di fregate militari italiane all’Egitto che ha delegittimato una ricerca della verità rimasta impantanata.
Il 15 marzo del 2016 Mattarella è a piazza Arat Kilo, Addis Abeba. Qui depone una corona ai piedi del monumento alla Vittoria e stringe la mano a una dozzina di vecchi partigiani etiopici che avevano combattuto contro gli occupanti italiani, in segno di scusa per le atrocità compiute dal nostro paese: «oltre all’uso di armi chimiche» ricorda l’autore, anche «l’acquisto di spose bambine da parte dei soldati vincitori, tra i quali l’allora ufficiale Indro Montanelli». Il giorno dopo Mattarella è il primo capo di stato a visitare il campo rifugiati di Teirkidi/Kule, al confine con tra Etiopia e Sud Sudan, mentre il 17 marzo a Yaoundé, capitale del Camerun, sua figlia Laura è a un centro di rieducazione fondato dal missionario trentino padre Sergio Ianeselli.
Nel maggio del 2015, due mesi dopo l’attentato al museo del Bardo di Tunisi rivendicato dall’Isis in cui erano stati uccisi anche quattro italiani, Mattarella vola nella capitale dell’ex colonia francese per una visita lampo. Gli ultimi suoi viaggi in Africa sono a Luanda, in Angola, nel febbraio del 2019, e ad Algeri, nel novembre del 2021. In un giardino nei pressi dell’ambasciata d’Italia scopre una targa in onore del fondatore dell’Eni Enrico Mattei. Testimonianza anche questa di un rapporto con l’Africa complesso, per equilibrare il quale Mattarella sarà chiamato a nuovi “straordinari” anche in questo secondo mandato al Quirinale.