Questo articolo è uscito nel numero di Nigrizia di giugno 2024
Carissimo Alex,
all’ombra delle incombenti elezioni europee, Giorgia Meloni, senza dare tropo nell’occhio, si è mossa per dar corpo allo sbandierato Piano (detto) Mattei. Visite a destra e a manca, come quelle in Tunisia e ultimamente in Egitto e in Libia, le hanno già permesso di stringere le mani dei nuovi dittatori africani. Fiera e orgogliosa di condurre una politica anti-migratoria nella quale sente di aver coinvolto l’intera Europa e di averlo fatto da capofila. Ti chiedo una valutazione spassionata di ciò che secondo te potrà produrre questo mitico Piano Mattei che la prima ministra sbandiera come panacea risolutiva del fenomeno migratorio. (Tiziano Comencini)
Inizio col dire che la presidente del consiglio Giorgia Meloni deve vergognarsi di aver usato il nome di Mattei, che era un partigiano (e Meloni non riesce neanche a definirsi antifascista). E poi Mattei ha avuto il coraggio di schierarsi dalla parte degli algerini, considerati terroristi dalla Francia, per la loro indipendenza da Parigi.
La premier non ha mai spiegato ai leader africani il significato di questo nome. Non è quindi un caso che questi ultimi abbiano definito “coloniale” la dicitura in questione quando sono stati convocati a Roma per la presentazione del Piano. Perché, a esempio, non usare il nome di qualche leader o figura di alto livello morale africana, come Nelson Mandela o Steve Biko?
Mi spiace dirlo, ma Meloni ha ben poca sensibilità per l’Africa. In primis perché non ha preso coscienza dei disastri prodotti dal colonialismo italiano nel continente, in modo particolare con l’occupazione fascista di Libia ed Etiopia.
Durante la conquista della Libia, le truppe del Duce impiccarono e fucilarono almeno 100mila libici. Nel suo viaggio a Tripoli, il mese scorso, la presidente del consiglio non ha mai chiesto perdono per quei crimini. Ancora più feroce poi, la conquista fascista dell’Etiopia. E anche qui, quando Meloni ha visitato il paese l’anno scorso non ha neanche pensato a chiedere perdono per i massacri compiuti nel paese.
C’è poi un altro aspetto ancora più grave: tutte le nostre ex colonie (Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia) sono oggi dilaniate da spaventose guerre interne. Finora nessun governo italiano, e men che meno quello attuale, ha mai voluto affrontare il problema delle riparazioni, come sta invece avvenendo in tanti altri paesi europei e non solo. Eppure l’origine di diversi di questi conflitti è proprio eredità della suddivisione territoriale imposta durante il periodo coloniale.
Mi vengono allora alla mente le parole del vescovo sudafricano Desmond Tutu: «Il modo più efficace sarebbe che i colpevoli e i loro discendenti ammettessero i propri torti e che i discendenti delle vittime rispondessero concedendo il perdono, alla sola condizione che qualcosa sia fatto, almeno simbolicamente, per riparare alle ingiustizie commesse».
Tutto questo però, richiede che il governo ammetta i crimini dell’occupazione fascista. Ho paura che Meloni non compirà mai un gesto del genere.
Ancora più grave, è che la presidente del consiglio voglia portare avanti il Piano Mattei con una politica neocoloniale: nel frattempo infatti, il governo vuole anche creare degli hotspot in Nord Africa per bloccare i migranti. Quello che oggi interessa l’esecutivo Meloni in Africa è mettere le mani sui giacimenti di gas e petrolio del continente. Il Piano Mattei potrebbe essere ben definito Piano Meloni-Descalzi (amministratore delegato Eni).
Il suo obiettivo è solo fare dell’Italia un hub europeo del gas, come la stessa Meloni ha spiegato a Roma presentando il Piano, del resto.
Come può quindi la presidente del consiglio sperare in un serio dialogo con l’Africa, quando il suo governo tratta in maniera così razzista e criminale i migranti africani? Questo i leader e i popoli africani lo sanno. È ben altro l’approccio di cui ha bisogno oggi il continente.