Un caso iniziato ben 13 anni fa ha finalmente visto un epilogo che fissa un precedente a dir poco rilevante per tutte le battaglie di carattere ambientale. Il 29 gennaio scorso la Corte d’appello dell’Aja ha stabilito che la sussidiaria nigeriana dalla multinazionale anglo-olandese Shell dovrà risarcire i ricorrenti per i danni causati loro da vari sversamenti di petrolio nei pressi dei villaggi di Goi e Oruma, nel Delta del Niger.
Un altro incidente, a Ikot Ada Udo, sarebbe stato provocato da un’azione di sabotaggio, ma non è ancora chiaro se e quali siano le responsabilità della Shell in proposito. Le perdite si sono verificate nel 2004 e nel 2005, mentre due dei quattro contadini che hanno denunciato gli episodi – anche grazie all’aiuto di Friends of the Earth Olanda (Milieudefensie) – sono nel frattempo deceduti.
Il tribunale non ha ancora fissato l’importo che il gigante petrolifero dovrà pagare, però ha sottolineato come, con un efficace sistema di controllo, gli incidenti non si sarebbero verificati e soprattutto che la Shell non aveva fatto abbastanza per bonificare le aree inquinate.
Durante una missione sul campo tenutasi nel 2011, abbiamo incontrato Eric Dooh, uno dei quattro ricorrenti, proprio nel villaggio di Goi, ormai abbandonato, e abbiamo visto con i nostri occhi gli effetti dello sversamento. Lo specchio d’acqua da cui dipendeva il centro abitato era ancora infestato dalla presenza di una ingente quantità di petrolio.
Dooh ha accolto la sentenza con grande soddisfazione e ha affermato che «la sentenza porta nuova speranza per la popolazione del Delta del Niger». «Anche le società europee devono comportarsi in modo responsabile all’estero», ha commentato l’avvocata olandese degli agricoltori nigeriani, Channa Samkalden, «perché è evidente che Shell ha applicato alla Nigeria un doppio standard: in Olanda, un disastro ambientale come quello creato in Nigeria non sarebbe stato tollerato».
Di tutt’altro tenore la reazione della Shell, «delusa per l’esito del procedimento e convinta che le cause degli incidenti siano da imputare solo a sabotaggi». Anche la quesitone dei sabotaggi è particolarmente controversa, tanto che secondo Friends of the Earth Olanda e Friends of the Earth Nigeria alcuni sarebbero da imputare a dipendenti della stessa Shell.
I nove stati del Delta, nel sud della Nigeria, sono quelli più ricchi di risorse petrolifere. Un’apparente benedizione per il paese più popoloso d’Africa, che però si è ben presto trasformata altresì in una fonte continua di problemi.
Tra questi l’inquinamento causato da perdite, gas flaring e altri incidenti di vario tipo, nonché dalla corruzione che da anni segna profondamente il settore. Ricordiamo che a Milano è alle battute finali il processo per presunta corruzione internazionale ai vertici di Shell ed Eni, e alle stesse società, per l’acquisizione di una ricchissima licenza al largo delle coste del Delta, la OPL 245.
Tornando agli impatti più evidenti e tangibili dell’estrazione petrolifera, ci sono due dati che forse più di tutti spiegano come la situazione sia ormai fuori controllo: nel Delta del Niger l’aspettativa di vita è più bassa che nel resto del paese, mentre nella regione ogni anno muoiono prematuramente 16mila bambini proprio a causa dell’inquinamento.
La sentenza dell’Aja è stata accolta con giubilo da molte comunità nel Delta perché, come ha detto Eric Dooh, porta speranza che la maledizione del petrolio possa prima o poi finire. La possibilità di ottenere risarcimenti e azioni di prevenzione in tribunali stranieri offre una strada più affidabile dei tribunali locali, troppo spesso influenzati da governi e corporation.
Ma soprattutto la sentenza di appello dell’Aja riconosce che non solo la controllata nigeriana, ma anche la controllante olandese al vertice del gruppo Royal Dutch Shell, sapeva dell’assenza di sistemi di prevenzione degli sversamenti e per questo è parimenti negligente.
Un precedente importante che potrebbe a breve essere confermato anche dalla Corte Suprema di Londra in un altro caso civile contro Shell, mosso da rappresentanti di un’altra comunità del Delta.
Tutti precedenti, che se confermati, potrebbero essere invocati anche nei tribunali italiani nei riguardi di società italiane, quale l’Eni, che hanno responsabilità importanti nello sfruttamento del petrolio nigeriano.