Il soft power della Chiesa ortodossa russa in Africa - Nigrizia
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L’ Esarcato Patriarcale d'Africa, creato nel dicembre 2021, governa oltre 200 parrocchie in 25 paesi
Il soft power della Chiesa ortodossa russa in Africa
L’espansione dell’ortodossia russa nel continente assomiglia ad una vera e propria campagna orchestrata per consolidare la presenza e il potere di Mosca. Anche in chiave anti-Ucraina e in concorrenza diretta con il patriarcato di Alessandria
01 Agosto 2024
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 4 minuti
Vladimir Putin con il patriarca Kirill nel Giorno dell'unità, il 4 novembre 2016 (Credit: www.kremlin.ru/wikimedia commons/CC BY 4.0 International)

Sono già oltre 200 le parrocchie fondate dalla Chiesa ortodossa russa in Africa in un totale di 25 paesi. Ad annunciarlo era stato lo scorso anno il patriarca Kirill in persona che aveva comunque voluto sottolineare che già nel XIX secolo un certo numero di parrocchie ortodosse erano presenti sul continente, provando così ad allontanare le speculazioni sui reali motivi di questo incremento.

Fatto sta che chi si sta interessando del fenomeno non può fare a meno di notare la coincidenza del periodo storico.

La guerra contro l’Ucraina e il bisogno di trovare nuovi alleati, l’appoggio di governi autocratici attraverso il sostegno della Wagner – oggi Africa Corps -, campagne costanti di disinformazione sui social per appoggiare questo o quel candidato in periodo elettorale e screditare gli oppositori, la fornitura di armi a belligeranti di conflitti in corso o per sostenere colpi di Stato: dal Sudan al Burkina Faso, dalla Libia al Mali al Niger.

È in questo contesto che l’avanzata della chiesa ortodossa in Africa assomiglia ad una vera e propria campagna calcolata ed orchestrata per consolidare la propria presenza – e il proprio potere – nel continente.

Questa volta attraverso una forma di soft power. Ricordiamo, intanto, che – come è noto – il patriarca Kirill è non solo molto vicino a Putin, ne sostiene la politica, appoggia l’invasione in Ucraina e ha anche lavorato per il KGB.

Cosa che, ovviamente, può sollevare dubbi sul fatto che l’espansione in Africa sia una missione più politica che religiosa. Per esempio lo fa pensare il metodo di “reclutamento” dei sacerdoti.

Ufficialmente richieste di adesioni volontarie ma, secondo altre testimonianze, frutto di convincimento a base di salari più alti e la promessa di investire in chiese, ospedali, scuole.

Giochi di potere

Oltretutto – secondo testimonianze – il patriarcato di Mosca da tempo corteggia e recluta i preti del patriarcato di Alessandria. La Chiesa russa starebbe quindi cercando di indebolire la Chiesa ortodossa in Africa a seguito della scissione e dunque indipendenza, nel 2019, dell’ortodossia dell’Ucraina guidata dal patriarca Bartolomeo.

Indipendenza riconosciuta dal patriarca Teodoro II di Alessandria sotto cui tradizionalmente rientra il territorio africano. La Russia aveva condannato quello che ha definito “deviazione verso lo scisma” e alla fine del 2021 aveva annunciato la creazione dell’esarcato africano, diocesi della Chiesa ortodossa russa nei paesi del continente.

A capo della nuova Chiesa russa in Africa c’è Constantine Ostrovsky, subentrato l’11 ottobre 2023 al metropolita Leonid Gorbaciov, noto come “Prigozhin in tonaca” dal nome dell’ex capo della Wagner ucciso (probabilmente) dai suoi ex amici.

Una persona dai modi non propriamente pii, verbalmente violenta e che non nascondeva l’odio per gli ucraini, tant’è che il patriarcato di Alessandria lo aveva destituito nel 2022 per violazione del diritto canonico.

Dal 2021, dunque, la Chiesa russa è in concorrenza diretta con quella di Alessandria. Su un articolo pubblicato sul sito dell’European Council of Foreign Relations si indicano tre gruppi di paesi dove si sta svolgendo la “campagna di espansione religiosa”.

Innanzitutto gli stati dove si concentrano gli interessi russi ed è presente la compagnia militare privata Africa Corps: la Repubblica Centrafricana (dove si è insediato per la prima volta in Africa l’esarcato russo-ortodosso), l’Uganda, che è stato soprannominato “il centro spirituale della Chiesa ortodossa russa nell’Africa orientale” e nel Mali.

Il secondo gruppo di paesi comprende quelli con diaspore russe storicamente numerose, principalmente il Sudafrica, ma anche, ad esempio, il Marocco. E il terzo gruppo comprende quei paesi dove esiste già una consistente popolazione ortodossa che la Chiesa russa spera possa essere allontanata dal patriarcato alessandrino: principalmente Kenya e Tanzania.

Un focus particolare è sull’Uganda. Yoweri Museveni, ha mantenuto per decenni stretti legami con Mosca e sostiene la guerra contro l’Ucraina. Lo scorso anno ha donato una consistente somma di denaro e un terreno di fronte al palazzo presidenziale per un “centro spirituale” ortodosso russo: una chiesa, un ospedale, una scuola e un hotel.

Secondo alcuni dati, nel mondo si contano tra i 160 e i 225 milioni di ortodossi, il numero più alto è in Russia e Ucraina. Il paese africano con il maggior numero di aderenti sarebbe il Kenya, stimati in 756mila.

La guerra in Ucraina, dunque, non solo ha provocato conseguenze sull’unità dell’ortodossia, ma in Africa si sta trasformando in un gioco di potere pericoloso e dai colpi bassi.

Un gioco dove la fede non ha nessuna motivazione o spazio reale nelle scelte e nelle azioni di quelli che dovrebbero esserne i suoi rappresentanti più alti.

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