Una ricerca sul fenomeno dei bambini e bambine soldato, in cui si espone quali siano le dimensioni reali di questa realtà, le cause, le conseguenze; attraverso dati, report e il racconto diretto di ex-bambino, piccolo tenente in Sierra Leone, tornato dall’inferno di uno dei campi militari in cui i minori vengono arruolati come macchine da guerra a basso costo.
Bambini soldato, una dicotomia inedita, crudele, cacofonica. Che mette insieme una parola che esprime innocenza, accanto a un’altra che suona armata. Stringendo insieme la colpevolezza di chi combatte una guerra imposta dagli adulti, che diventerà indelebile stigma sociale, con l’essere vittima di un contesto che non riconosce l’innocenza.
Oltre 250mila bambini e bambine strappati alle famiglie, in Africa, Medioriente, subcontinente indiano e sudest asiatico; drogati e alcolizzati per andare al fronte senza paura, per diventare “mogli della savana”, madri di figliolanze nate da violenze e stupri. Minori, che vivono in situazioni economiche e sociali svantaggiate o in zone calde dei conflitti, e che finiscono per costituire serbatori umani da cui le milizie attingono.
Indottrinati, addestrati e impiegati in battaglia, spesso come impavidi scudi umani. Nel 1996 nasce, per volere dell’Assemblea generale Onu, la figura del Rappresentante speciale sui bambini nei conflitti armati, che monitora la situazione e presenta ogni anno un report. Si susseguono studi e protocolli per riabilitare e reintegrare chi alla guerra è stato costretto.