Il governo del presidente Hassan Mohamud, impegnato dal luglio 2022 in un’intensa campagna militare contro il movimento jihadista al-Shabaab, sta cercando di rinforzare il suo esercito – anche il vista del ritiro della missione dell’Unione Africana dalla Somalia – e di aumentare il sostegno, economico e militare, di partner stranieri.
Così, mentre i ministri della difesa, i vertici militari e i capi di stato di Somalia, Kenya, Etiopia e Gibuti si incontravano ieri e oggi a Mogadiscio per discutere misure antiterrorismo congiunte, il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente, Hussein Sheikh Ali, si trovava a Washington per assicurarsi un maggiore sostegno degli Stati Uniti.
Intervistato da Voice of America il 26 gennaio, ha parlato del nuovo programma di addestramento che punta a «completare la preparazione di 15mila soldati entro il 2023». Ali ha spiegato che per questo la Somalia ha inviato 3mila soldati in Eritrea e altrettanti in Uganda nelle ultime settimane. E che altre 6mila reclute saranno presto mandate in Etiopia ed Egitto.
Particolarmente controversa è però la collaborazione militare con Asmara, dove la Somalia aveva già inviato 5mila soldati, parte dei quali si è scoperto fossero stati mandati a combattere con gli eritrei sul fronte Etiopico, nella regione del Tigray.
Dopo aver a lungo negato, il governo somalo ne ha poi recentemente riportato a casa 800, ma di molti altri i famigliari non hanno avuto più notizie. La contestata decisione di inviare altre truppe in addestramento ad Asmara è stata difesa da Ali che ha definito il piano «trasparente».
E proprio ieri Somali Guardian riportava la denuncia di un leader clanico secondo cui 760 di questi soldati sarebbero fuggiti dal campo militare di Gordon a Mogadiscio a causa di negligenza e cattiva gestione dell’esercito.
Somali clan leader says 760 out of 800 #Eritrea-trained soldiers stationed in Gordon military camp in Mogadishu escaped, weeks after they had been returned home, alleging that the soldiers fled due to negligence and mismanagement. #Somalia pic.twitter.com/oRqU8iG7tH
— Somali Guardian (@SomaliGuardian) January 29, 2023
La Somalia deve avere almeno 24mila soldati pronti ad assumersi responsabilità di sicurezza entro il dicembre 2024, quando le truppe della Missione di transizione dell’Unione Africana in Somalia (Atmis) dovrebbero lasciare definitamente il paese.
Una scadenza che, secondo un recente rapporto del think tank con sede a Mogadiscio Heritage Institute for Political Studies (Hips), difficilmente sarà in grado di rispettare.
E del ritardo è evidentemente consapevole il governo, visto che, come sottolinea il rapporto, a novembre Mogadiscio ha chiesto ad Atmis di far slittare di sei mesi il primo ritiro di 2mila soldati, da dicembre 2022 a 30 giugno 2023, in attesa del completamento del programma di addestramento all’estero.
Intanto, a dicembre, il parlamento ha approvato il suo budget più alto di sempre per il 2023: 967 milioni di dollari, 113 milioni dei quali destinati all’esercito nazionale. Le entrate interne sono però molto basse e due terzi del budget provengono da sostegno esterno.