Dopo quattro giorni di incontri nella capitale, Mogadiscio, il governo centrale e i governatori di quattro Stati federali hanno pianificato di rimodellare il sistema elettorale della Somalia.
Il presidente Hassan Mohamud, il primo ministro Hamza Abdi Barre e il vice primo ministro Salah Ahmed Jama, insieme a quattro leader regionali e al sindaco di Mogadiscio, tutti membri del Consiglio consultivo nazionale, hanno proposto di introdurre elezioni dirette già dal prossimo anno, decisione che dovrà essere ratificata ora dal parlamento.
I leader politici hanno anche concordato che soltanto due partiti politici competeranno per assumere il potere, diversamente dall’attuale legislazione che non pone limiti al numero di partiti in competizione.
Saranno in tal modo unificati i programmi elettorali e verrà introdotto un sistema presidenziale abolendo la figura del primo ministro.
Divergendo dal sistema tradizionale di condivisione del potere su base clanica, i leader hanno concordato che le elezioni a suffragio universale continueranno tenersi ogni cinque anni.
Verrà costituito un comitato nazionale di 15 membri col compito di gestire le elezioni locali, regionali e federali. Le prime a tenersi con la nuova formula saranno quelle comunali, fissate per il 30 giungo 2024. E alle quali faranno seguito, il successivo 30 novembre, quelle dei parlamenti e dei presidenti regionali.
Presidente e vicepresidente saranno eletti dai cittadini con indicazione su un’unica scheda, e lo stesso criterio verrà seguito per i presidenti regionali e i rispettivi vicepresidenti.
Poiché la Costituzione prevede oggi un sistema parlamentare in cui i legislatori, nominati dai clan, eleggono un presidente, che a sua volta nomina un primo ministro, l’approvazione per il sistema presidenziale richiederà l’approvazione di un emendamento costituzionale federale.
I critici dell’attuale sistema hanno sostenuto per molto tempo che esso ha provocato incessanti litigi tra il presidente e il primo ministro. «Questo accordo storico pone fine al sistema utilizzato dal 2000» ha dichiarato il ministro degli interni Ahmed Moallim Fiqi, «e dà ai somali l’opportunità di far sentire la propria voce e affidare il loro voto a coloro che li rappresentano a diversi livelli di governo, locale, regionale e federale».
Il comunicato emesso riguardo alla proposta di ristrutturazione nel modello di governo non affronta ciò che potrà accadere quando l’attuale mandato del presidente terminerà, il 15 maggio 2026.
L’opposizione tuttavia è insorta: «Il comunicato del Consiglio consultivo nazionale è un affronto alla carta costituzionale provvisoria della Somalia e alla supremazia delle nostre leggi nazionali», ha affermato Mursal M. Khaliif, membro del parlamento federale.
«Qualunque cosa la si chiami, questa è una estensione incostituzionale nella relazione tra Stati regionali e governo federale». L’accordo, peraltro, non è stato sottoscritto da tutti i vertici degli Stati federali, tra cui il presidente della regione semi-autonoma del Puntland, Said Abdullahi Deni.
Non è la prima volta che la Somalia cerca di sganciarsi dal sistema elettorale clanico per dare il voto ai cittadini. Così avrebbero dovuto svolgersi anche le precedenti elezioni, grazie all’entrata in vigore, nel marzo 2020, di un’apposita legge.
Ma poi, dopo mesi di aspre tensioni politiche e un lunga crisi istituzionale che ha fatto slittare il voto di oltre un anno, si è mantenuto il vecchio sistema.