Agile, giovane, innovativo. E certamente ricco di vitalità. È il settore delle startup in Africa. Negli ultimi anni le idee applicate alla tecnologia – da africani per risolvere problemi e necessità degli africani – sono andate moltiplicandosi.
Tanto è vero che ormai si parla di Silicon Valley(s) africane. Centinaia di hub sviluppati soprattutto in Rwanda, Kenya, Nigeria, Ghana, Sudafrica, Egitto, Marocco.
Lo scorso anno furono sei le startup nominate nella Technology Pioneer Lists del World Economic Forum, con rami che spaziano dall’assistenza sanitaria ai servizi finanziari e assicurativi, all’e-commerce.
È un settore quindi in espansione, non solo dal punto di vista della creatività, ma anche – ovviamente – da quello degli investimenti. Investimenti venture capital che, come ha riportato Forbes, avrebbero dovuto raggiungere nel corso di quest’anno 7 miliardi di dollari.
Eppure, secondo gli ultimi dati, nel primo quadrimestre del 2023, le startup africane hanno raccolto il 57,2% in meno di capitale rispetto allo scorso anno. Nel 2022 il totale di investimenti raccolti fu pari 6,5 miliardi di dollari.
In ogni caso l’energia dei giovani imprenditori continua ad espandersi e, se fino a circa sette anni fa, l’Africa non aveva startup unicorno, vale a dire quelle valutate oltre un miliardo di dollari, al 2021 il continente ne ospitava già sette di questo tipo.
Ad annunciare nuovi fondi è stata nei giorni scorsi Google for Startups (GfS) che ha reso note le 25 nuove imprese africane selezionate per il Black Founders Fund. Un fondo che quest’anno arriva a 4 milioni di dollari.
Si tratta di un meccanismo di finanziamento – giunto al terzo anno – che nelle intenzioni del colosso statunitense mira a superare quella che è stata definita “una disuguaglianza razziale e sistemica nel finanziamento del capitale di rischio (VC)”.
Delle startup selezionate il 72% sono guidate o co-fondate da donne.
I settori in cui si muovono le aziende selezionate includono una piattaforma tecnologica per servizi di salute mentale, una di tecnologia mobile basata sull’intelligenza artificiale per migliorare il settore agricolo, servizi bancari, sanitari e assicurativi, di logistica e di trasporti, vendita al dettaglio, e anche una fintech che ha l’obiettivo di diventare la prima banca africana incentrata sulle donne.
Una questione sensibile che riguarda le startup è comunque: se e quanto sono destinate a durare. Insomma, la loro sostenibilità nel tempo.
Nel 2020 la percentuale di fallimento andava dal 58.7% in Kenya al 75% dell’Etiopia.
Il motivo principale (non solo in Africa ma a livello globale) sta nell’esaurimento dei fondi e, immediatamente a seguire, nella carenza di mercato per quel prodotto o servizio.
Ovvio quindi che la valutazione iniziale – da parte degli innovatori come da parte dei finanziatori – richiede molto di più di una buona idea e dell’entusiasmo.
La cosa interessante, però, è che il report da cui sono stati estratti quei dati, il The Better Africa, afferma che – dal 2010 al 2018 – il tasso di chiusura delle startup per l’Africa nel totale è stato del 54,20%, un risultato di molto inferiore rispetto a paesi come Stati Uniti, Cina e India.
Mentre nel 2022 nella zona MENA (Medio Oriente e Nordafrica) si è registrato un aumento del 24%.
Interessante è conoscere questa nuova generazione di giovani imprenditori, nati al pari dei loro coetanei occidentali con un naturale approccio alla tecnologia e ai suoi mezzi.
A partire dal periodo del lockdown, l’emittente statunitense VOA ha aperto una serie – titolo obbligato, StartUP Africa – in coproduzione con le principali emittenti televisive in Nigeria, Ghana, Rwanda, Uganda e Kenya, che racconta le storie delle sfide, delle speranze e delle paure affrontate dai giovani imprenditori tecnologici nel continente.
E su come trasformare “semplici” idee in attività redditizie. Un modo per conoscere le fasi del loro lavoro, la capacità di partecipare a incubatori d’impresa, di fare rete e confrontarsi all’interno e all’esterno delle loro rispettive aree.
E, da non sottovalutare, un modo per ispirare e incoraggiare altri giovani talenti.