Il Sudafrica sempre più nell’occhio del ciclone per i suoi rapporti con la Russia.
Ieri durante un incontro con la stampa a Washington l’ambasciatore degli Stati Uniti nel paese, Reuben Brigety, ha dichiarato di ritenere che una nave mercantile russa sotto sanzioni statunitensi abbia caricato armi e munizioni lo scorso dicembre in una base militare a Città del Capo, prefigurando una possibile violazione della dichiarata neutralità di Pretoria nel conflitto ucraìno.
«Tra le cose che abbiamo notato c’era l’attracco della nave da carico Lady R nella base navale di Simon’s Town tra il 6 e l’8 dicembre 2022 – ha detto il diplomatico – e siamo fiduciosi che la base abbia fornito armi e munizioni a quella nave mentre tornava in Russia».
«Scommetterei la mia vita sull’accuratezza di tale affermazione», ha aggiunto Brigety, puntualizzando che «l’armamento della Russia da parte del Sudafrica è fondamentalmente inaccettabile».
Le dichiarazioni hanno ovviamente scatenato un putiferio all’interno del paese, il cui governo è già duramente attaccato dalle opposizioni per i suoi rapporti con Mosca, in particolare per esercitazioni militari navali congiunte con Russia e Cina effettuate a febbraio, e dopo il mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale contro Putin, atteso in Sudafrica ad agosto per il vertice del BRICS.
Sull’esecutivo e sull’African National Congress – già sotto accusa per un finanziamento di 826mila dollari ricevuti una compagnia mineraria sudafricana collegata a un oligarca russo sotto sanzioni statunitensi – è piombata anche la notizia di un aereo da carico militare russo atterrato in una base aerea nel cuore della notte il mese scorso, ufficialmente per consegnare ciò che le autorità della difesa hanno descritto come “posta diplomatica”.
Il principale partito di opposizione, l’Alleanza Democratica, ha accusato il governo di calpestare i valori e gli interessi del paese a favore di un “guerrafondaio e despota globale” e ha messo in guardia contro “conseguenze maggiori”.
Il presidente Ciryl Ramaphosa ha risposto con una nota tramite il suo portavoce, Vincent Magwenya, definendo “deludente” e “controproducente” l’atteggiamento assunto pubblicamente da Brigety, le cui “osservazioni minano lo spirito di cooperazione e partnership tra le due nazioni”.
“Sebbene fino ad oggi non siano state fornite prove a sostegno di queste accuse, il governo si è impegnato a istituire un’inchiesta indipendente che sarà condotta da un giudice in pensione”, ha aggiunto Magwenya, mentre Ramaphosa era in parlamento a riferire in merito alle accuse.
Accuse che lo stesso ufficio presidenziale ha più tardi riconosciuto essere fondate, confermando l’attracco della Lady R in Sudafrica, senza però precisare dove o quale fosse lo scopo della sosta.
Cosa che fece invece il 9 dicembre il quotidiano sudafricano Daily Maverick con un accurato reportage (supportato anche da foto e immagini) che testimoniava la presenza dell’imbarcazione nella base navale, parlando di “tre notti di attività altamente sorvegliata, poiché un carico misterioso e non identificato è stato spostato su e giù dalla nave in presenza di ufficiali armati sotto la copertura dell’oscurità”.
A cercare di smorzare i toni per evitare una crisi diplomatica è stato il Dipartimento di Stato americano, che, tramite il portavoce Vedant Patel, ha dichiarato di accogliere con favore la promessa di un’inchiesta, assicurando di voler continuare l’impegno “nella nostra agenda affermativa con i nostri partner sudafricani”.
Intanto però le parole di Brigety hanno provocato un ulteriore svalutazione del rand e il titolo di stato sudafricano del 2030 ha esteso le perdite, mentre i commercianti di valuta preoccupati che il Sudafrica possa affrontare sanzioni occidentali.
Con un tempismo da record è intanto stato diffuso il rapporto del Center for Information Resilience -organizzazione finanziata, tra gli altri, dai governi di Stati Uniti e Regno Unito -, nel quale si accusa la figlia dell’ex presidente Jacob Zuma, Duduzile Zuma-Sambudla, di favorire tramite la sua attività di influencer sui social media, la propaganda filo-russa. (MT)