Ad un anno dall’attentato contro il neo proclamato vescovo di Rumbek Christian Carlassare, a fine aprile 2021, un tribunale di Juba, capitale del Sud Sudan, ha condannato a un totale di 20 anni di carcere i quattro autori del misfatto.
In una dichiarazione resa dopo la sentenza mons. Carlassare ha asserito: «Apprezziamo l’impegno dedicato al nostro caso dal tribunale e dal governo. Al di là del dispiacere e della sofferenza patita per quanto avvenuto, preghiamo che questi eventi producano conversione e guarigione. Come Chiesa guardiamo al futuro con grande speranza in questo tempo di Pasqua e vogliamo ricordarci del costante invito di Gesù Cristo al perdono».
Il vescovo comboniano era stato colpito alle gambe con vari proiettili nella sua abitazione pochi giorni dopo essersi stabilito, in attesa della consacrazione vescovile, nella sua residenza a Rumbek.
Un giudice dell’Alta Corte di Juba ha riconosciuto la responsabilità di padre John Mathiang Machol, per nove anni coordinatore dell’attività pastorale della diocesi di Rumbek, Moris Sebit Ater, Laat Makur Agok e Samuel Makir nell’attacco contro padre Carlassare.
Machol, accusato di avere organizzato il complotto per allontanare il futuro vescovo e prenderne il posto, e ritenuto mandante dell’attentato, dovrà scontare sette anni di carcere. Agok e Ater, esecutori materiali dell’attacco al vescovo, sono stati condannati a quattro anni di carcere ciascuno. Makir, infine, accusato di fiancheggiamento, ha ottenuto cinque anni di pena.
La sede vescovile della diocesi di Rumbek era rimasta vacante dal 2011 dopo la scomparsa del vescovo Cesare Mazzolari, egli pure membro dell’Istituto Comboniano.
Mons. Carlassare è stato consacrato lo scorso 25 marzo nella cattedrale di Rumbek in una vivace celebrazione con migliaia di fedeli nella solennità dell’Annunciazione. Nell’occasione, il neo vescovo, ribadendo il desiderio di operare per l’unità e la comunione in tutta la diocesi, aveva dichiarato tra l’altro: «Non sono tornato tra voi per rimanere seduto sul trono vescovile, sono tornato per lavorare insieme a voi lungo le strade di Rumbek. Non ci fermeremo all’interno della cattedrale, andremo ad incontrare la gente dove vive, lavora e fatica, anche nei villaggi più lontani».
E aggiungeva: «Sono venuto come fratello di tutti, nessuno escluso. Vi ringrazio per avermi accolto e ‘adottato’ in questo paese e ora in questa chiesa locale. Siamo uniti in quest’opera poiché crediamo fermamente che sia un dono del Signore e si tratta di un impegno che ci assumiamo tutti insieme, come comunità riunita nel nome di Cristo».