Cresce la tensione politica in Sud Sudan dopo l’inatteso licenziamento da parte del presidente Salva Kiir di tre importanti ministri, uno dei quali in capo all’opposizione. Una decisione unilaterale, presa senza consultazioni, che viola gli accordi di pace del 2018, denuncia il Movimento di liberazione del popolo sudanese-In opposizione (Splm-Io) del primo vicepresidente Riek Machar.
Con un decreto presidenziale letto il 3 febbraio alla Tv di stato, Salva Kiir ha dato il benservito alla ministra della difesa Angelina Teny, moglie di Machar, e al ministro dell’interno Mahmoud Solomon, affidando il primo dicastero al proprio partito, il Splm. Pochi giorni dopo, il 6 marzo, il presidente ha silurato anche il ministro degli esteri e della cooperazione internazionale Mayiik Ayii Deng, suo stretto alleato.
Nessuna spiegazione è stata data per la decisione. Il portavoce del presidente, sentito da Reuters, ha detto di non poter fornire “alcuna motivazione” in questa fase e che “in generale è una procedura normale”.
Tanto normale non è sembrata all’ex movimento di opposizione armata di Machar che il giorno successivo ha convocato una riunione straordinaria del suo ufficio politico. Il documento diffuso al termine dell’incontro “condanna e respinge la destituzione unilaterale dell’on. Angelina Teny”, denunciando la violazione dei termini dell’accordo di pace ed esortando Kiir a reintegrare la ministra della difesa.
La mossa di Kiir si inserisce in un quadro di crescenti tensioni politiche, etniche e militari, e poco dopo l’annuncio – questa volta concordato – del prolungamento del periodo di transizione fino al 2025, fatto il 23 febbraio.
Alle lotte per il potere che si consumano da oltre 4 anni nella capitale, fanno da contraltare la crescita delle violenze sui civili – l’82% dei quali vive con meno di 2 dollari al giorno – nell’ambito di un conflitto in corso da oltre 30 anni tra le due etnie dominanti e i loro eserciti – i denka (Kiir) che rappresentano circa il 35% della popolazione, e i nuer (Machar, circa il 16%) – per il controllo del paese e delle sue risorse.