In Sud Sudan ieri il presidente Salva Kiir (72 anni) ha ufficializzato la nomina di Angelina Teny a nuovo ministro degli interni.
Teny è la moglie del leader del Movimento di liberazione del popolo sudanese all’opposizione (SPLM-IO) e primo vicepresidente, Riek Machar (quasi 70 anni).
A marzo Kiir l’aveva rimossa dalla carica di ministro della difesa in una mossa che aveva riacceso le tensioni con l’SPLM-IO, il quale aveva denunciato una violazione dell’accordo di pace che stabilisce che il ministero della difesa faccia capo all’SPLM-IO e che il ministero dell’interno sia assegnato al partito al governo (SPLM).
Insieme a Teny, il presidente aveva anche licenziato l’allora ministro dell’interno Mahmoud Solomon, esponente del partito di Kiir.
La nomina di Angelina Teny alla guida degli interni ristabilisce in qualche modo l’equilibrio politico, anche se con uno scambio tra i due principali partiti e ministeri: ora gli interni sono infatti rappresentati da un’esponente del SPLM-IO e la difesa da uno del SPLM.
Non è chiaro però se Kiir e Machar abbiano raggiunto un accordo amichevole per effettuare lo scambio o se si tratti di una mossa unilaterale del presidente.
Dopo l’indipendenza del Sud Sudan dal Sudan, nel luglio 2011, i due schieramenti si sono combattuti per cinque anni, in un conflitto che ha causato la morte di circa 400mila persone e 2,3 milioni di sfollati e rifugiati. La maggior parte dei quali non ha potuto ancora far ritorno.
L’accordo di pace del settembre 2018 ha posto fine alla guerra civile, ma la sua implementazione è stata finora estremamente lenta. In particolare per quanto riguarda due aspetti: l’unificazione dell’esercito e l’organizzazione delle elezioni.
Allora i contendenti concordarono un periodo triennale di transizione fino al 2021, cui sarebbero seguite elezioni nel febbraio 2023. Ma ad agosto 2022 il governo decise di posticipare il voto – il primo nel paese dall’indipendenza – al 2024.
Lo scorso 21 settembre dal palco dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Kiir – che nel frattempo non ha perso tempo e si è già candidato alla propria successione – ha assicurato che questa volta le elezioni si terranno nei tempi stabiliti, ovvero entro dicembre del prossimo anno.
«Ora siamo determinati a basarci sugli impegni della nostra Strategia di sviluppo nazionale rivitalizzata 2021-2024 per consolidare la pace e stabilizzare l’economia, le riforme finanziarie pubbliche in corso, la gestione finanziaria e, recentemente conclusa, la Conferenza economica nazionale che costituisce una solida base per una sana gestione delle risorse pubbliche a beneficio dei nostri cittadini», ha dichiarato Kiir.
«Ciò che resta ora è accelerare l’attuazione delle rimanenti disposizioni dell’accordo al fine di concludere pacificamente il periodo di transizione attraverso elezioni giuste, trasparenti e credibili nel 2024», ha aggiunto, tornando a chiedere la rimozione dell’embargo sulle armi che «ha impedito l’attuazione delle misure di sicurezza e un efficace dispiegamento delle forze unificate».
Ma il percorso che dovrebbe portare al voto rischia di far montare le tensioni tra i due principali schieramenti.
Un primo segnale si è visto già lo scorso 18 settembre, quando il parlamento ha approvato l’Election Act 2023, un disegno di legge che stabilisce la road map verso le elezioni, tra le proteste della fazione del SPLM-IO fedele a Machar.
I parlamentari sono usciti dall’aula affermando che la legge ha reso il processo elettorale “antidemocratico, ingiusto e non credibile”.
Le contestazioni riguardano in particolare emendamenti imposti dal SPLM che, invece di ridurre il numero dei legislatori portandolo a 250, come previsto, lo aumentano, arrivando a 332.
Nella legge approvata compare inoltre una clausola che concede al presidente la facoltà di nominare il 10% dei membri del parlamento.
Una norma che «conferisce al capo dello Stato maggiori poteri … sottraendo mandato e sovranità al popolo», ha affermato il vicepresidente dell’SPLM-IO, Oyet Nathaniel Pierino.