Dopo le Nazioni Unite e l’Unione Africana, in Sud Sudan anche la società civile fa sentire la sua voce per denunciare i rischi di destabilizzazione in vista delle elezioni previste tra un anno, le prime nella storia del giovane Paese.
In una conferenza stampa ieri a Juba un raggruppamento di oltre 70 organizzazioni sudsudanesi e regionali ha messo in fila le criticità che il governo stenta ad affrontare, esprimendo serie preoccupazioni sulla lentezza dell’implementazione della tabella di marcia contenuta dell’accordo di pace che nel 2018 ha dato vita al periodo di transizione dopo cinque anni di guerra civile.
Una transizione che avrebbe dovuto concludersi lo scorso febbraio e che invece, proprio a causa dei mancati passi avanti, il presidente Salva Kiir ha prorogato fino a dicembre 2024.
In un messaggio evidentemente diretto alle èlite politico-militari che tengono in ostaggio il Paese, gli attivisti avvertono che il Sud Sudan sta entrando in un periodo critico che, se non affrontato con cautela, potrebbe destabilizzare la nazione, facendola piombare nuovamente in un aperto conflitto.
«Siamo preoccupati dal fatto che i processi di transizione critici previsti e delineati nell’accordo, che porteranno alle elezioni nazionali alla fine del periodo di transizione, non hanno prodotto risultati», ha dichiarato uno degli attivisti.
«Il Paese si trova ora di fronte alla prospettiva di elezioni prive di basi significative, compresa la chiarezza fondamentale sul tipo di governo che voteremo e l’assenza di meccanismi indipendenti per affrontare le controversie che potrebbero sorgere prima, durante e dopo le elezioni», ha aggiunto.
Le organizzazioni della società civile hanno espresso anche preoccupazione per «le evidenti affiliazioni politiche all’interno dei meccanismi di transizione recentemente istituiti, in particolare nella Commissione elettorale nazionale».
«Molti dei nostri leader politici e militari si stanno ancora arricchendo attraverso l’appropriazione indebita della nostra ricchezza nazionale», ha aggiunto l’attivista Zabib Musa Loro. «Ora è il momento di impostare una rotta diversa per il Sud Sudan. Le decisioni che prendiamo in questo periodo modelleranno la traiettoria del nostro Paese negli anni a venire».
Le richieste sono chiare. In primo luogo un processo di stesura della nuova Costituzione credibile e inclusivo, che punti a produrre un testo che rifletta accuratamente i valori, le aspirazioni e le priorità di gente del Sud Sudan.
Occorre inoltre, ha ricordato Musa Loro, creare un terreno di pace, mettendo fine immediata ai conflitti e ai gravi abusi sulla popolazione. «In primo luogo è necessario porre fine agli omicidi, ai rapimenti, alle sparizioni, alle torture e alla violenza sessuale e di genere. In secondo luogo è imperativo prevenire il ripetersi della guerra. Costruire una nazione con la canna di un fucile non è la strada da seguire».
«In terzo luogo – ha proseguito – il raggiungimento di una pace significativa richiede processi inclusivi, partecipativi e incentrati sulle persone. Quando gli è stato concesso lo spazio per deliberare sulla convivenza pacifica, il popolo del Sud Sudan ha ripetutamente dimostrato la saggezza e la capacità di risolvere i propri problemi».