«Le elezioni sono state libere e corrette» ha dichiarato ieri sera il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa alla cerimonia di chiusura del processo elettorale durante la quale la Commissione elettorale indipendente (CEI) ha divulgato i risultati ufficiali delle elezioni nazionali e regionali del 29 maggio scorso.
Ma Jacob Zuma, leader della nuova formazione uMkhonto weSizwe Party (Mk), non ci sta. Insieme a 22 partiti minori, l’Mk ha contestato l’esito delle elezioni dichiarandole invalide e nulle, e ha deciso di portare in tribunale la CEI accusata di frode e manomissione dei dati. Zuma con gli altri partiti dissidenti vuole che le elezioni siano rifatte.
L’Mk, che ha ottenuto uno straordinario successo a livello nazionale con il 17.4% dei consensi (58 seggi parlamentari), non è riuscito ad avere la maggioranza assoluta nella sua regione di origine il KwaZulu-Natal.
Con il 44.89% dei voti sarà costretto ad allearsi ad altre formazioni per governare la regione, a differenza di Alleanza Democratica (AD) che con oltre la metà dei consensi (21,80%) potrà continuare a governare da sola la regione del Capo Occidentale. Che sia questo il motivo alla base della contestazione di Zuma dell’esito elettorale?
L’incognita delle coalizioni
Un problema in più per il Sudafrica che si trova in un momento cruciale e delicato: per la prima volta dopo trent’anni di governo monocolore guidato dall’African National Congress (ANC, uscito con il 40,18%, il risultato più basso di sempre) il paese si appresta a essere governato da una coalizione di partiti.
In parlamento, infatti, l’ANC ha ottenuto 159 seggi, 71 in meno rispetto all’assemblea precedente, composta in totale da 400 seggi.
Si aprono così scenari inediti in campo politico e i tempi sono stretti. La Costituzione prevede che entro 14 giorni dalle elezioni, il parlamento debba essere convocato per eleggere il nuovo presidente.
Dietro le quinte sono in corso trattative tra varie formazioni politiche ma è difficile prevedere se si arriverà a formare un nuovo governo entro i tempi stabiliti.
Le coalizioni non sono una novità per il Sudafrica che negli ultimi anni ha visto nascere alleanze di partiti per l’amministrazione di diversi comuni. La formula però non ha avuto successo in importanti città come Johannesburg ed Ekurhuleni (popolosa area metropolitana a est di Johannesburg) dove le alleanze si sono rivelate instabili e inaffidabili. Mentre in altri centri urbani del Sudafrica, oltre trenta, le coalizioni hanno retto e continuano ad amministrare.
La domanda nella mente dei cittadini sudafricani è con chi governerà l’ANC che non ha più i voti per governare la nazione da solo? L’alleanza del partito fondato da Mandela con l’EFF (la formazione di Julius Malema dei Combattenti per la libertà economica) è la più naturale ma i rapporti tra il leader di EFF e vari esponenti dell’ANC sono molto tesi.
È stata rifiutata la richiesta fatta già in campagna elettorale da Malema di avere il ministero delle Finanze come condizione per governare insieme. È difficile poi pensare a un accordo tra le due formazioni che per cinque anni non sono riuscite a siglare un’intesa sulla importante questione della riforma della terra, pur avendo posizioni simili a questo riguardo.
L’Alleanza Democratica, il primo partito di opposizione con 87 seggi, si è detta contraria a una intesa tra ANC e EFF perché deleteria per l’economia del paese. Posizione condivisa dai mercati e dalla finanza, in netto contrasto a piani di nazionalizzazioni auspicati da Malema.
AD, che ha già messo in campo un team di negoziatori, ha dichiarato che farà di tutto per impedire la coalizione tra ANC e EFF, mentre ha manifestato interesse per una coalizione di governo con il partito di Mandela. Ma il divario ideologico tra i due partiti è talmente vasto da rendere difficile o quasi impossibile un governo bicolore.
A partire dalla politica estera. L’ANC ha denunciato alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) il governo di Israele con l’accusa di genocidio della popolazione palestinese. Posizione inaccettabile per AD che ha sempre rigettato l’accusa nei confronti di Israele.
Il Sudafrica ha bisogno di stabilità ed è augurabile che quanto prima si arrivi alla formazione del nuovo governo. Intanto, il presidente Ramaphosa e il suo partito, che hanno rispettato i risultati emessi dalla CEI, hanno dato prova di fedeltà alla democrazia e allo stato di diritto sancito dalla Costituzione.
È il primo paese nell’Africa australe dove il partito erede di un movimento di liberazione al potere dall’inizio della democrazia ha accettato la sconfitta alle urne e si rende disponibile a un governo di coalizione.
Una lezione anche per le nazioni limitrofe come lo Zimbabwe e il Mozambico, dove i partiti di liberazione hanno di volta in volta manipolato le elezioni in spregio alle elementari regole della democrazia, pur di rimanere al potere.