Il paese è precipitato nella più grave crisi energetica dalla nascita della sua democrazia nel 1994. Eskom, l’ente statale per l’energia elettrica, è costretto a interrompere l’erogazione dell’elettricità fino a dieci/dodici ore al giorno – con interruzioni di quattro ore per due o tre volte – per evitare che la rete, al limite della sua capacità operativa, vada in blocco. Nel 2022 l’interruzione di corrente è avvenuta in oltre 200 giorni, più del doppio rispetto all’anno precedente.
Le centrali a carbone – il paese dipende per l’85 % dal combustibile fossile per il suo fabbisogno energetico – sono sottoposte a continue operazioni di riparazione e manutenzione a causa di atti di sabotaggio, vandalismo, furto di pezzi di ricambio e diesel, corruzione, fornitura di carbone di bassa qualità e mancanza di competenze tecniche.
Solo per citare alcuni esempi: alcuni lavoratori sono stati sorpresi mentre danneggiavano attrezzature per garantire contratti di manutenzione alla loro ditta; associazioni criminali hanno saccheggiato magazzini dove sono custoditi importanti pezzi di ricambio per gli impianti.
Sabotaggi
Va poi ricordato che il carbone di qualità migliore è esportato in Cina e in altri paesi, mentre nelle centrali locali viene bruciato quello più scadente, spesso con una percentuale di zolfo del 2%, superiore al limite previsto dell’1,3%. L’alto contenuto sulfureo accresce la corrosione dei condotti per l’emissione dei fumi, richiedendo in tal modo più frequenti interventi di manutenzione. In aggiunta a tutto ciò, non è raro che il carbone, trasportato su gomma dalla miniera alla centrale termoelettrica, venga mescolato a un carico di pietre e sabbia, con evidenti danni al sistema di combustione.
La situazione è talmente preoccupante che il governo sudafricano il 18 dicembre scorso è stato costretto a schierare l’esercito – circa 200 militari – in quattro centrali per proteggerle e garantire il loro funzionamento.
Furti e atti di sabotaggio sono costati al colosso energetico l’equivalente di parecchie centinaia di milioni di euro, in un momento in cui né l’ente né il paese possono permetterselo.
Traballano i vertici Eskom
Per l’anno fiscale in corso è prevista una perdita di 20,1 miliardi di rand (1 miliardo e 200 milioni di euro circa) e il governo si è impegnato a rilevare parte del debito di Eskom per evitarne il fallimento.
Nel frattempo, sono finiti i soldi per acquistare il gasolio necessario per mantenere in funzione le turbine a gas. È stata inoltre disattivata l’unità 1 di Koeberg, l’unica centrale nucleare, per la manutenzione di routine, rimuovendo 1.000 MW dalla rete, mentre 3.000 MW rimangono disconnessi da unità danneggiate a Medupi e Kusile, le centrali di più recente costruzione.
Intanto, l’ente statale sta affrontando anche una crisi di leadership. André de Ruyter, amministratore delegato per quasi tre anni, ha annunciato che si dimetterà a fine marzo, mentre il direttore operativo Jan Oberholzer andrà in pensione ad aprile e molte altre posizioni dirigenziali sono vacanti.
La crisi energetica ha ostacolato la crescita e scoraggiato gli investimenti nell’economia più industrializzata dell’Africa. La Banca centrale sudafricana prevede che le interruzioni di corrente causeranno il rallentamento della crescita economica che nel 2023 scenderà all’1,1% dall’1,8 % del 2022. La decrescita potrebbe anche portare a una diminuzione del gettito fiscale per le casse dello stato.
Energie rinnovabili
Le continue interruzioni di energia – che si stima nei prossimi mesi possano giungere fino a 14 ore al giorno – sono diventate un peso insopportabile per i cittadini che ogni giorno si vedono costretti a riorganizzare la loro vita adattandosi di volta in volta ai programmi di sospensione della corrente dettati da Eskom.
A soffrirne sono inoltre le piccole e medie imprese, parecchie di queste sono state costrette a chiudere, altre invece si sono viste obbligate a ridimensionare le loro attività. Il comparto minerario – che dà lavoro a 460mila persone – è intenzionato a ridurre fino al 30% la propria dipendenza dalla rete nazionale, con progetti di autoproduzione di elettricità tramite l’utilizzo di energie rinnovabili, come l’eolico e il solare.
Il governo dell’African national congress, guidato da Cyril Ramaphosa, ha di fronte un anno prima delle elezioni politiche del 2024 e in questo tempo dovrà giocare le bene le sue carte per cercare una soluzione alla grave crisi energetica, se vuole meritarsi il consenso dei sudafricani.