«La violenza esplosa in questi ultimi giorni nel paese è di tale portata che raramente si è vista nella storia della nostra democrazia». Preoccupato e amareggiato, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa nel suo discorso alla nazione ieri sera, il secondo in due soli giorni, ha chiesto ai cittadini di opporsi alla violenza e si è appellato al senso di responsabilità di ciascuno per riportare la calma nel paese.
I disordini, iniziati il 9 luglio nella provincia natale dell’ex presidente Jacob Zuma, il KwaZulu-Natal, ed estesisi poi nella più popolosa provincia del Gauteng, sono stati innescati dalla protesta contro la sua incarcerazione, il 7 luglio scorso, in ottemperanza a una sentenza della Corte costituzionale che lo ha condannato a 15 mesi di carcere per essersi più volte rifiutato di testimoniare davanti alla commissione d’inchiesta della magistratura che lo accusa di corruzione e malversazione nei quasi dieci anni del suo mandato.
Una sentenza il cui ricorso in appello da parte del 79enne ex leader dell’African National Congress è da ieri in fase di valutazione.
La protesta è presto degenerata in rivolta violenta in cui masse di persone, infiltrate anche da elementi criminali, hanno preso d’assalto, saccheggiato e dato alle fiamme negozi, centri commerciali, aziende, incendiato camion e auto, bloccato il traffico in alcune arterie principali delle due menzionate province, dove ieri il presidente sudafricano, che è anche comandante supremo delle forze armate, ha schierato l’esercito.
Più di 72 persone sono state uccise e 1.234 arrestate, mentre si cominciano a fare i conti degli ingenti danni economici causati dai disordini.
Nella rivolta violenta sono andate distrutte anche farmacie e siti per la vaccinazione contro il Covid-19. Altri centri vaccinali sono stati costretti a chiudere per motivi di sicurezza. «Il nostro programma di vaccinazione – ha lamentato il presidente nel suo discorso alla nazione – è stato gravemente interrotto proprio mentre stava guadagnando slancio. Ciò avrà effetti duraturi anche sui nostri progressi nella ripresa economica».
Nonostante l’appello di Ramaphosa, i disordini stanno continuando in alcune aree di Soweto e in Alexandra, a Johannesburg. In alcuni casi i rivoltosi hanno risposto allo schieramento della polizia con armi da fuoco e con lancio di pietre.
La soluzione della grave crisi in cui versa il Sudafrica oggi non può essere però affrontata soltanto con il dispiegamento di forze dell’ordine e dell’esercito.
Occorre mettere mano ai problemi che sono alla radice delle rivolte che – come ha ammesso lo stesso Ramaphosa – sono le gravi disuguaglianze sociali, l’alto tasso di disoccupazione e la povertà che colpisce ancora una grande parte della popolazione. A tutto ciò va aggiunto l’effetto della pandemia, ora nella terza ondata, che rischia di compromettere la ripresa economica del paese.