Sudafrica: i gravi effetti dell'alcolismo diffuso sui bambini - Nigrizia
Salute Sudafrica
Nel paese ci sarebbero ben 7milioni di persone affette da sindrome alcolica fetale, un problema spesso non diagnosticato.
Sudafrica: i gravi effetti dell’alcolismo diffuso sui bambini
08 Giugno 2023
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti

Si chiama sindrome alcolica fetale (Fas) e solo in Sudafrica si stima che riguardi ben 7 milioni di persone, ovvero 111,1 abitanti ogni 1000. 

È la percentuale più alta al mondo di persone nate con problemi e disabilità correlati all’abuso di alcol da parte della madre, quando era in gravidanza. Le conseguenze possono riguardare sintomi mentali, fisici e comportamentali e sono, purtroppo, irreversibili.

Tuttavia, recenti ricerche in ambito medico stanno cercando di apportare sempre maggiori benefici alla vita di queste persone, soprattutto data la vastità del fenomeno nel paese. La dipendenza dall’alcol è una vera e propria piaga per il Sudafrica, la nazione dell’Africa con il più alto tasso di consumo di bevande alcoliche pro capite, ovvero 140 litri l’anno. Si stima inoltre che l’alcolismo causi più morti di molte altre malattie letali, quali tubercolosi e Aids. Nel solo 2015, secondo uno studio pubblicato su Bmc nel 2018, nel paese sarebbero morte 62mila persone.

Ma le conseguenze negative della dipendenza non riguardano solo i soggetti direttamente coinvolti, come dimostrato dal disturbo dello spettro alcolico fetale e dalle milioni e milioni di persone coinvolte. 

I numeri disponibili sono tra l’altro sottostimati, a causa della ancora scarsa consapevolezza in merito. Una mancata conoscenza che impedisce spesso alle persone affette da questi disturbi di ricevere terapie precoci indispensabili e la dovuta assistenza sociale poi nell’età adulta. 

I progressi della ricerca

Uno dei metodi più efficaci per effettuare la diagnosi è l’analisi visiva delle caratteristiche facciali, che richiede tuttavia un medico molto esperto in questo disturbo specifico, poiché molto variabile da persona a persona. Per facilitare questo processo, esistono costosi e complessi macchinari che rilevano l’immagine 3D del volto, evidenziandone le parti critiche. Tuttavia, non essendo facilmente reperibili a causa del prezzo elevato del macchinario e della scarsa disponibilità, l’ingegnere biomedico Tinashe Mutsvangwa, dellUniversità di Città del Capo, in Sudafrica, ha lavorato in sinergia con ricercatori ugandesi e tedeschi allo sviluppo di dispositivi a basso costo in grado di ricostruire il prototipo 3D di un volto a partire da una semplice immagine 2D, molto più facile da ottenere. È stato creato un modello generato da un database di scansioni 3D di volti con diverse possibili manifestazioni dei sintomi. Questo modello è utilizzato per ricostruire le superfici tridimensionali del viso utilizzando un algoritmo guidato dal modello stesso. 

Si tratta di un sistema che potrebbe rivoluzionare la vita di chi nasce affetto da questa sindrome, garantendo cure e diritti finora troppo spesso negati. 

(AB)

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