Resta incerta e vacillante la posizione del governo sudafricano sulla questione del mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti di Vladimir Putin. Misura che dovrebbe scattare qualora il presidente della Federazione russa, accusato di crimini di guerra, mettesse piede in Sudafrica dove è atteso insieme agli altri capi di stato del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) per il 15° vertice dell’organizzazione, che si terrà dal 22 al 24 agosto a Johannesburg.
Il Sudafrica, stato membro della Cpi, con l’obbligo di fare arrestare il presidente russo, non ha ancora preso una decisione al riguardo.
Due settimane fa ha destato scalpore l’annuncio del presidente Cyril Ramaphosa e dell’African National Congress (Anc) con cui si dichiarava l’intenzione del Sudafrica di ritirarsi dalla Cpi, a distanza di pochi mesi dalla decisione, presa nel dicembre scorso dall’assemblea elettiva del partito, di rimanere a farne parte.
Marcia indietro
Nel giro di poche ore dall’annuncio, il presidente e l’Anc hanno fatto marcia indietro, affermando che il ritiro sarebbe la soluzione ultima se altre opzioni dovessero fallire.
La settimana scorsa, il ministro della giustizia, Ronald Lamola ha dichiarato che il governo sta valutando varie opzioni tra cui la possibilità di emendare l’attuazione dello Statuto di Roma (1998) su cui si basa la Corte penale internazionale. In linea con il diritto consuetudinario internazionale (Customary Law) – secondo Lamola – il governo nazionale ha il potere di sospendere l’esecuzione dello Statuto nel caso in cui fosse evidente che non è nell’interesse della nazione.
Esperti in materia hanno espresso il dubbio che la modifica riguardante l’applicazione dello Statuto possa realizzarsi in tempo prima del vertice BRICS. Sembra invece più probabile, secondo alcuni analisti, che il vertice possa tenersi in un’altra nazione.
I tentativi in corso
Nel frattempo pare siano in corso colloqui tra Sudafrica e rappresentanti del governo russo nel tentativo di convincere Mosca ad accettare un vertice “ibrido”, in cui Putin parteciperebbe in maniera virtuale tramite canali digitali con gli altri capi di stato in presenza. Ma l’iniziativa sembra abbia scarsa possibilità di successo: gioverebbe poco all’immagine di Putin e richiederebbe una buona dose di umiltà da parte dell’uomo del Cremlino che finora non ha dimostrato di averne.
Intervenendo il 2 maggio durante una visita di stato del presidente finlandese Sauli Niinistö, Cyril Ramaphosa ha affermato che la questione del mandato di cattura «è oggetto di esame e discussione e che quando la faccenda sarà finalizzata, sarà resa pubblica la nostra posizione su tutto ciò».
Mentre il governo nazionale stenta a trovare una posizione su come comportarsi nel caso di un’eventuale visita di Vladimir Putin in Sudafrica, Alan Winde – governatore della Provincia del Capo Occidentale e membro del partito di opposizione Alleanza democratica (Da) – non ha dubbi. Ha fatto sapere che se «Putin dovesse mettere piede nella nostra Provincia, lo faremo arrestare dai funzionari del nostro Piano di avanzamento delle forze dell’ordine (Leap), utilizzando i nostri fondi».
Il tempo stringe e il governo dovrà dare risposta alla Cpi. E trovare una soluzione dignitosa per non ripetere l’imbarazzante episodio della fuga dal paese nel giugno 2015 dell’allora presidente del Sudan Omar El-Bashir, anche lui ricercato dalla Cpi per crimini di guerra, mentre era in Sudafrica per un vertice dell’Unione Africana.