Evitare decisioni controverse non è una delle priorità dell’Umkhonto we Sizwe (MK), il partito che a oggi rappresenta in Sudafrica la principale forza di opposizione al governo di unità nazionale che si è costituito dopo le elezioni dello scorso 29 maggio.
Ieri, i 58 deputati di questa formazione hanno giurato e fatto il loro ingresso ufficiale in Assemblea Nazionale. La cerimonia è avvenuta con quasi una settimana di ritardo rispetto agli altri 342 parlamentari eletti. L’MK ha infatti boicottato l’atto inaugurale della nuova legislatura e l’attività del parlamento lamentando irregolarità nel processo elettorale, pur senza portare prove di sorta a supporto di questa denuncia.
I nomi dei deputati selezionati dal partito stanno dando di che discutere ai media sudafricani. Anche perché sembrano voler essere espressione del potere del leader de facto dell’MK, l’ex presidente Jacob Zuma che un suo scranno in Assemblea non può avercelo a causa di passate condanne al carcere ma che sembra comunque determinato a far sentire tutto il suo peso politico anche da posizione decentrata.
L’ex giudice Hlophe
Un esempio lampante di questo sfoggio di influenza è stata la nomina del giudice John Hlophe a leader dell’opposizione. Hlophe è stato messo in stato di accusa dal parlamento lo scorso febbraio per “cattiva condotta” a causa di suoi tentativi di interferire nell’operato della Corte costituzionale a favore di Zuma. I fatti risalgono al 2008 – quando Zuma non era ancora presidente – e sono avvenuti nel contesto di un processo per corruzione e vendita di armi a carico a colui che sarebbe diventato l’anno dopo capo di stato, fino al 2018. Ora, il parlamento che ne ha votato l’estromissione dal suo ruolo in magistratura accoglie Hlophe come figura più rilevante delle opposizioni
Breve passo indietro prima di entrare ulteriormente nel merito della selezione dell’MK. Lo scorso 29 maggio l’African National Congress (ANC) che guida il paese dalla fine dell’apartheid del 1994 ha perso per la prima volta la maggioranza assoluta in Assemblea, ottenendo il 40% dei voti. La formazione di governo ha quindi costituito un esecutivo di unità nazionale che comprende al suo interno le Democratic Alliance (DA), partito tradizionalmente di opposizione e di orientamento di centro destra, che alle elezioni ha ottenuto il 24% dei voti. Le larghe intese comprendono altri otto partiti, fra i quali l’Inkhata Freedom Party (IFP) forte fra l’elettorato di lingua zulu.
Il “progressive caucus”
Dal canto loro, i movimenti rimasti fuori da questa compagine si sono riuniti in un cosiddetto “progressive caucus”, un’alleanza di opposizione il cui partito più rappresentato è proprio l’MK, forte del terzo miglior risultato alle elezioni con il 14,5% dei voti. Hlophe sarà quindi il vero e proprio massimo dirigente dell’opposizione. Una carica riconosciuta dall’ordinamento sudafricano e soggetta a un trattamento economico diverso dagli altri deputati. Interessante notare poi che Hlophe non era stato inserito nella iniziale lista di candidati a un posto in parlamento approvata dalla Commissione elettorale indipendente (IEC). Un punto questo, che solleva dubbi sulla stessa legalità della nomina.
L’ex giudice capo non è comunque l’unico volto controverso fra i nuovi parlamentari dell’MK. A sedere in Parlamento ci sarà a esempio anche Des van Rooyen, detto “weekend special”. Il nomignolo fa riferimento alle 72 ore trascorse come ministro delle finanze nel 2015, prima di essere trasferito a un altro ministero nel pieno del collasso del valore del rand. Secondo la Commissione Zondo, una commissione di inchiesta che ha indagato su un enorme sistema di corruzione che vedeva come protagonista anche Zuma, van Rooyen è stato indicato come ministro dai Gupta, ricca famiglia di imprenditori e soprattutto sodali dell’ex presidente nella rete di malversazione citata, passata alla storia come State Capture, “sequestro dello stato”.
E l’ex ministro “lampo” delle finanze non è l’unico deputato dell’MK ad aver avuto rapporti con i Gupta.
Insomma, il profilo del partito di opposizione si fa sempre più inquietante. E la questione non è solo legata alle nomine. Ampliando le prospettive, hanno osservato cronisti e analisti concordanti, fa strano veder giurare sulla Costituzione gli esponenti di un partito che nel suo manifesto promette di stravolger completamente la Carta fondamentale per sostituirla con una «supremazia parlamentare priva di vincoli». Così come recita il documento fondativo del partito.