Da diversi anni il Sudafrica, noto in passato per la positiva apertura all’accoglienza di migranti e ad investire in manodopera proveniente dall’estero, ha intrapreso un processo di deportazione o di espulsione di stranieri in cerca di occupazione.
Una politica di repressione dell’immigrazione irregolare di cui il ministro dell’Interno Leon Schreiber – entrato nella compagine governativa in quota Alleanza Democratica, partito della destra filo occidentale, dopo le elezioni dello scorso maggio – ha previsto un rafforzamento.
Un nuovo corso motivato, tra l’altro, dal fatto che oggi, secondo i dati più recenti, 8,4 milioni di persone, quasi 4 sudafricani su 10, sono senza lavoro. Un indice salito al 33,5% nel secondo trimestre del 2024, rispetto al 32,9% di primi tre mesi dell’anno.
Un fenomeno che, cavalcato dalla propaganda dei partiti della destra nazionalista, ha fatto aumentare atteggiamenti e azioni xenofobe contro africani di altre nazioni.
Molti di costoro cercano di eludere la nuova politica repressiva che anche nel mese di settembre ha visto la deportazione di 205 malawiani su quattro autobus sotto il controllo delle forze di sicurezza.
Benché il maggior numero di migranti provenga dai confinanti Zimbabwe, Mozambico e Lesotho, sono circa 200mila gli stranieri originari del Malawi in Sudafrica.
Nei confronti dei migranti – anche di coloro che avrebbero diritto a protezione internazionale – si sono moltiplicate le operazioni di polizia, un tempo inesistenti, con l’installazione di posti di blocco e perquisizioni di baracche e condomini in cui si sospetti la presenza di immigrati non in regola con i documenti.
Numerose sono tra l’altro le testimonianze di stranieri deportati più di una volta, ma che hanno trovato modo di ritornare in Sudafrica.
Riguardo al Malawi, è noto che negli ultimi anni il paese ha dovuto far fronte a molti problemi: il tracollo della valuta, l’aumento dell’inflazione e la carenza di carburante, medicinali e cibo.
Secondo Afrobarometer, la rete di sondaggi panafricana, le condizioni critiche e di povertà in cui versa il paese con 20 milioni di abitanti, hanno spinto molti malawiani a cercare fortuna emigrando.
Il responsabile della missione in Malawi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) di Berna (Svizzera), Ncube Nomagugu, ha confermato che è andato in effetti aumentando il flusso migratorio irregolare dal Malawi.
«Il Sudafrica – ha detto il funzionario – resta la destinazione preferita per la maggior parte di chi se ne va. Tuttavia, pur non disponendo di dati relativi ai rimpatri dei malawiani, nell’attuale politica del governo sudafricana è innegabile che si stanno verificando restrizioni in merito ai flussi migratori».
Non una novità in ogni caso, visti i dati forniti dal governo di Pretoria.
All’inizio degli anni 2000, le deportazioni non erano mai scese al di sotto di 105mila all’anno e nel 2007 hanno raggiunto un picco di oltre 312mila.
Nel 2017 sono state oltre 135mila, per crollare poi dal 2018 al 2022, con una media di circa 20mila persone deportate all’anno.
Ora il numero degli stranieri allontanati a forza pare destinato ad aumentare nuovamente. Secondo la testimonianza di alcuni camionisti, negli ultimi tre mesi i viaggi di deportazione, che in precedenza avvenivano mensilmente, si registrano oggi spesso a ritmo settimanale.