Casa, lavoro e un sistema sanitario affidabile: le richieste degli abitanti delle aree più marginalizzate del Sudafrica sono le stesse di sempre, dopo 30 anni di democrazia e uguaglianza formale ma anche di diritti che stentano a diventare patrimonio di tutti. Nigrizia ha ascoltato questi appelli nelle lunghe file per i seggi elettorali che si sono create in tutto il paese ieri, 29 maggio, giorno della sesta elezione generale del paese africano dalla fine dell’apartheid nel 1994, ritenuta la più importante e la meno prevedibile degli ultimi tre decenni di storia sudafricana.
La possibile eccezionalità del voto di ieri risiede principalmente in un dato: per la prima volta il partito che ha sempre guidato il paese in democrazia, l’African National Congress (ANC) che fu di Nelson Mandela, rischia di perdere la maggioranza assoluta. Il voto del 29 maggio è anche quello che ha visto il maggior numero di formazioni politiche coinvolte: sono stati 70 i partiti e 11 gli schieramenti indipendenti che si sono contesi il voto di 27,5 milioni di elettori registrati, sui 62 milioni di abitanti del Sudafrica. Oltre 23mila, secondo i calcoli della Commissione elettorale indipendete (IEC), i seggi che sono stati allestiti in tutte le nove province del paese.
I primi risultati provvisori con il 17% del totale scrutinato mostrano che l’ANC tocca un minimo storico di preferenze con il 42%, il 15% in meno rispetto al 2019, mentre le Democratic Alliance (DA), principale partito di opposizione, va al 25% (20% alle ultime elezioni). Gli Economic Freedom Fighers (EFF), tradizionale terza forza politica sudafricana, si fermano all’8,5%. Appena sopra l’Umkhonto we Sizwe (Mk) guidato dall’ineleggibile ex presidente Jacob Zuma, che con un exploit nella roccaforte KwaZulu-Natal si piazza quarto con l’8% dei voti.
Il processo di voto è iniziato il 27 maggio: i primi a deporre la loro preferenza alle urne sono stati gli elettori che presentano condizioni particolari che non gli consentono di recarsi alle stazioni di voto come gli altri cittadini. Nei giorni scorsi ci sono state denunce di alcuni malfunzionamenti della macchina elettorale: proteste nella provincia del Capo Orientale hanno costretto alcuni seggi alla chiusura.
Andate a votare!
È anche per questo forse, che dei leader politici hanno deciso di sostenere direttamente i loro elettori, esortandoli a non disperare e ad andare a votare. A esempio Julius Malema, guida degli EFF e candidato alla presidenza, che ha affidato il suo messaggio al social X, con un video: «Grazie ai sudafricani per aver risposto in gran numero alla chiamata elettorale – ha affermato nel filmato pubblicato sulla piattaforma, prima nota come Twitter – Abbiamo visto le frustrazioni a cui vi sta sottoponendo il sistema con le sue inefficienze. Giovani del Sudafrica, non arrendetevi. Lo state facendo per il futuro del vostro paese. Un giorno – oggi – vale per un futuro di cinque anni. Non andate a casa e rimanete in fila, e ricordatevi che la IEC non è autorizzata a mandare via i cittadini che si trovano in coda». L’EFF è un partito particolarmente popolare nei settori più socialmente vulnerabili, come giovani, disoccupati e abitanti degli stabilimenti informali.
L’appello di Malema ha comunque fatto eco alle indicazioni della IEC, che ha invitato gli elettori a rimanere in fila fino al loro turno. «La commissione – si legge in un comunicato – desidera ricordare a tutti gli aventi diritto che tutte le persone che arrivano al seggio entro le ore 21 hanno diritto a esprimere il loro voto, anche se questo significa andare oltre l’orario di chiusura previsto per i seggi. Questa misura ha l’obiettivo di garantire la piena partecipazione di ogni cittadino che abbia fatto lo sforzo di recarsi a votare».
Le elezioni del 2024 arrivano in un momento molto delicato per il Sudafrica: su 62 milioni di persone 18,2 milioni vivono in povertà. Secondo il coefficiente di Gini sulla distribuzione della ricchezza e stando a dati della Banca Mondiale, il Sudafrica è inoltre il paese più diseguale al mondo. Diversi analisti e comuni cittadini individuano a principale causa di questa condizione nella corruzione e nell’incapacità di gestire le grandi ricchezze del paese mostrate dall’ANC. Lo hanno riferito a Nigrizia gli elettori ascoltati a Gqeberha, un tempo nota come Port Elizabeth, grande centro costiero della provincia del Capo Orientale. Alcune delle persone interpellate vivono negli stabilimenti informali che si trovano nell’area di Nelson Mandela Bay. Tutti chiedono maggiore occupazione e la garanzia di un futuro migliore.
«Se anche stavolta non cambia nulla, non voterò più»
«Lavoro in campagna dal 1991 e fino a oggi la mia vita non è mai cambiata», dice Mongameli Tyoko, che guida trattori in una produzione di limoni di Addo, a pochi chilometri da Gqeberha. Il suo stipendio è di circa 4.500 rand al mese, 225 euro. «Alle precedenti elezioni ho votato con la speranza di dare potere a un partito che potesse aiutarmi a uscire dalla povertà, ma tutto è stato vano». Ora è subentrata la disillusione: «È l’ultima volta che partecipo al voto – si schernisce Tyoko – se non dovesse cambiare nulla, per l’ennesima volta, lascerò il lavoro e mi ritirerò nella mia casa nelle regioni rurali. È meglio rimanersene poveri lì che continuare a lavorare in condizioni terribili, con uno stipendio magro e con delle leggi che non ci tutelano».
La prospettiva di un avvenire migliore spinge alle urne i veterani delle delusioni elettorali, così come i giovani alle loro prime volte. È il caso di una studentessa della Nelson Mandela University. «Non avevo mai votato prima e ovviamente oggi ho dato la mia preferenza a un partito che promette una vita migliore per i giovani: siamo stanchi delle promesse vuote», scandisce. «Sono stata cresciuta da una madre single perché mio padre è morto, le devo molto – prosegue la studentessa -. Lavora part-time come collaboratrice domestica ed è dura per me vedere quanto debba faticare per sostenere me e i miei fratelli. Il più grande ha un diploma in logistica dei trasporti ma è disoccupato da tre anni. Il fardello è tutto su mia madre e io voglio che questa situazione cambi: voglio poter dare una mano alla mia mamma»
Speranze come anche quelle di Nokulunga Noni, che da oltre sei anni vive in un insediamento informale a Motherwell, grande area di edilizia popolare nei pressi di Gqeberha. «Sosterrò- dice a Nigrizia – chiunque vinca queste elezioni, perché spero che costruiscano per noi una nuova casa in una zona fornita di servizi. Non ce la faccio più a vivere in un luogo che ne è privo, con elettricità a singhiozzo e fogne fatiscenti». Noni ha dovuto lasciare che i tre figli e la madre vivessero in un’altra zona di Motherwell con standard di vita appena più elevati.
Per alcuni, la priorità è l’immigrazione
Bisognerà aspettare cosa uscirà dalle urne: nei programmi elettorali ci sono molte promesse e anche alcune intenzioni che appaiono fosche. L’ANC vuole rinnovare il paese a partire da sei punti, compresi casa e lavoro. La questione della terra è centrale per l’EFF, che ne denuncia la divisione del tutto diseguale. Mentre le DA si focalizzano sulla critica al partito di governo, considerato responsabile di corruzione, criminalità, povertà e mancanza di servizi.
Poi ci sono partiti che hanno priorità diverse: su tutte quella di colpire i migranti, usati come capro espiatorio per ogni male del paese: Patriotic Alliance (PA), ActionSA e anche l’Mk promettono addirittura di deportare tutti i migranti irregolari e di portare a termine i progetti di costruzioni di muri alle frontiere del paese, che in alcune aree sono già in corso, qualora dovessero essere eletti.