Appena chiuso l’ennesimo vertice regionale che voleva portare una tregua in Sudan, che aveva deciso una tregua di almeno 3 giorni, ieri Khartoum ha vissuto una giornata di bombardamenti aerei, mentre continuano a essere molto pesanti i combattimenti nella regione del Darfur.
La guerra tra esercito e paramilitari in Sudan entra nel suo quarto mese. Senza alcun segno di allentamento.
Nella capitale, aerei da combattimento dell’esercito hanno «preso di mira basi» appartenenti ai paramilitari delle Forze di supporto rapido (Fsr), che «hanno reagito con armi antiaeree». Lo hanno riferito testimoni alla Bbc.
Sono stati segnalati più di 500 morti, ma si ritiene che il numero reale delle vittime sia molto più alto. Milioni di persone sono rimaste intrappolate a Khartoum.
Nel mirino l’ospedale
I residenti hanno riferito che i droni delle Fsr hanno preso di mira il più grande ospedale della capitale, il giorno dopo che un attacco simile, alla stessa struttura, ha ucciso cinque persone e ne ha ferite 22, secondo l’esercito.
Dalla metà di aprile, i combattimenti tra l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhane e la Fsr del generale Mohamed Hamdane Dagalo hanno provocato almeno 3mila morti e più di 3 milioni di sfollati.
Continuano le violenze in Darfur
Molti testimoni hanno riferito che il Darfur, vasta regione già segnata negli anni 2000 da una guerra civile, è stato teatro di «violenti scontri con diversi tipi di armi» nella città di Kas.
I residenti della città del Darfur meridionale hanno affermato che i paramilitari hanno saccheggiato le case, mentre i paramilitari hanno salutato la loro «vittoria» a Kas.
Diverse fonti hanno riferito di massacri di civili e uccisioni a sfondo etnico nel Darfur attribuite a paramilitari e milizie arabe alleate.
Smentito rapporto di Hrw
Sabato l’Fsr ha smentito «categoricamente» un recente rapporto dell’ong Human Rights Watch sull’esecuzione sommaria di «almeno 28 membri dell’etnia massalit» – una minoranza non araba – e la «distruzione della città di Misterei», nel Darfur occidentale. Attribuendo le violenze a un «conflitto tribale di lunga data», i paramilitari hanno affermato di «rispettare il diritto internazionale umanitario» (sigh, ndr).
Nei primi anni 2000, il generale Dagalo, allora capo delle milizie arabe Janjawid, ha condotto una politica di terra bruciata contro le minoranze etniche in Darfur su ordine dell’ex dittatore Omar El-Bashir. La guerra ha ucciso circa 300mila persone, secondo le Nazioni Unite, e i Janjawid hanno ufficialmente dato vita alla Fsr nel 2013.
Le atrocità dell’epoca valsero a Bashir l’incriminazione da parte della Corte penale internazionale, in particolare per genocidio. Il procuratore generale della Corte ha avviato una nuova indagine sui presunti crimini di guerra commessi durante gli attuali combattimenti.