In una dichiarazione trasmessa ieri dalla tv di stato sudanese, il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo della giunta militare golpista, ha affermato che il dialogo che sarà avviato oggi è un’opportunità storica per porre fine al periodo di transizione. E che quando vi sarà un consenso o un’elezione, il militari si ritireranno dalla scena politica.
Ma l’opposizione della società civile (la coalizione delle Forze per la libertà e il cambiamento, il Partito comunista, i Comitati di resistenza, il partito Umma e il suo storico rivale, il Partito democratico unionista) e i due principali gruppi armati, attivi nel Darfur e nel Kordofan, continuano a rifiutare un dialogo con i militari, i cui unici alleati sono gli islamisti e l’ex partito dell’ex presidente Omar El-Bashir, deposto nell’aprile 2019.
Prosegue intanto la restaurazione dell’ex regime. Il 5 giugno un tribunale sudanese ha fatto cadere le accuse di abuso finanziario contro Awad Ahmed Aljaz, uno dei leader del regime di El-Bashir, in carcere da tre anni.
Nella sua dichiarazione al-Burhan ha detto di sostenere il processo richiesto dal meccanismo tripartito, costituito dall’Unione africana, dalla Missione integrata di assistenza alla transizione delle Nazioni Unite in Sudan (Unitams) e dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo regionale (Igad).
Ma le sue parole sono smentite dai fatti. Ѐ di ieri l’annuncio della 101esima vittima dei militari, una bambina di 5 anni, investita dalle forze di sicurezza nel quartiere di Kalakla, a sud della capitale Khartoum. E’ la 16esima minorenne uccisa nelle repressioni delle proteste contro il golpe del 25 ottobre 2021.
Le proteste sono ormai quotidiane a Khartoum a più di una settimana dall’uccisione di due manifestanti a Kalakla, a fine maggio. Violenze condannate fermamente dall’esperto delle Nazioni Unite sui diritti umani in Sudan, Adama Dieng, che ha invitato i militari a garantire la fine della violenta repressione del dissenso nel paese.
Un appello rilanciato oggi anche da un gruppo di ambasciate dei paesi occidentali (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Regno Unito, Stati Uniti e Missione dell’Unione europea in Sudan).
Sempre sul fronte internazionale, ieri, la Cina ha comunicato d’aver invitato il Sudan a partecipare alla prossima conferenza sul Corno d’Africa che si terrà dal 20 al 22 giugno ad Addis Abeba, in Etiopia.
La conferenza, ha detto l’ambasciatore cinese a Khartoum, Ma Xinmin, nasce come un’iniziativa che cerca di migliorare la stabilità, lo sviluppo e il buon governo nel Corno d’Africa. Xinmin ha aggiunto che la Cina crede fermamente che la partecipazione del Sudan garantisca il successo della conferenza.
Nel settore orientale del paese si registrano le dimissioni del governatore dello stato del Mar Rosso, Ali Abdullah Adroub. Un punto a favore dell’etnia beja, da mesi in lotta per ottenere una migliore rappresentanza all’interno delle autorità regionali, nel quadro della rinegoziazione dell’accordo di pace con i locali movimenti ribelli. Il loro blocco di Port-Sudan, porto commerciale strategico sul mar Rosso, è stato revocato dopo una settimana. Da registrare anche le dimissioni del presidente del Consiglio supremo dei beja, Muhammad Al-Amin Turk. (MT)